Le elezioni presidenziali in America hanno generato un clima di malcontento ed una sensazione di incertezza globale diffusa molto difficile da ignorare. E’ con questo mood inquieto che Moby ha lavorato al suo quindicesimo progetto, “Everything Was Beautiful And Nothing Hurt”, passando gli ultimi due anni a trasformare le sue idee da incubo sulla nostra epoca – e sul futuro – e le sue agonie interne, in un album dalle sonorità insofferenti e disperate in cui combina il pop elettronico, alle visioni oscure ben tradotte in musica.
Le dodici tracce di ispirazione trip-hop, si accompagnano a beat lugubri come in “Mere Anarchy”, brano di apertura i cui battiti si intrecciano con le tastiere riverberanti e che, assieme a “Welcome to Hard Times” e “Falling Rain and Light”, danno vita ad una serie di composizioni elettroniche guidate da synth paranoici, incentrati su pattern di batteria e profonde linee di basso dall’atmosfera di imminente disastro.
In “Like a Motherless Child”, la commovente voce di Raquel Rodriguez accompagna Moby intonando: “A volte mi sento come un bambino senza madre” in un blues spirituale il cui ritornello è stato preso prestito dall’epoca della schiavitù americana. Disillusione, paura e abiezione: la sofferenza umana è un elemento centrale in questo disco. Sentimenti espressi con drammaticità in “The Ceremony of Innocence” in cui i tasti del pianoforte accompagnano il brontolio di Moby in un monologo interiore da sopravvissuto alla fine dei giorni.
“The Tired and the Hurt” ha il coraggio di immaginare l’utopia: “C’era speranza e sogni infiniti, c’era amore e non moriva”, aggiungendo al sentimento uno space-sound cui si abbina il tono vocale già usato in “The Sky Is Broken” di “Play”. “The Sorrow Tree”, immerge l’ascoltatore in un vertiginoso synth-pop impregnato ed impreziosito dalla luminosità delle corde vocali di Julie Mintz.
Tutto si chiude con “A Dark Cloud Is Coming”, un ibrido trip-hop blues che annuncia l’imminente apocalisse: “Sono andato giù al fiume per vedere se potevo essere salvato, perchè una nube oscura sta arrivando”, cantata dall’elegante voce di Apollo Jane, gli archi si stringono e le filigrane della chitarra si ritirano, per annunciare il tragico finale che racchiude tutte le ferite del mondo.
“Everything Was Beautiful and Nothing Hurt” è un album che tutto sommato ci mostra un Moby vulnerabile, nonostante i momenti di bellezza che si trovano all’interno delle dodici canzoni, ci lascia comunque la difficoltà di assorbire i messaggi lugubri e le visioni inquietanti di cui racconta. E’ una pillola amara da inghiottire, una malinconia di tristi presagi futuri, che ci lascia in sospeso a domandarci cosa accadrà dopo la fine del mondo, quando la vita come la conosciamo noi, avrà smesso di esistere.