Possono cambiare abiti, portare gli stessi, scegliere quelli vecchi o comprarne di nuovi, ma il modo di vestire le canzoni resterà  sempre originale, ricercato e diretto. I Guignol di Pier Adduce sono in continua mutazione: nati dalla fusione noise di rock e del blues maledetto, oggi solcano i terreni popolari italiani, i mari di Vinicio Capossela, del folklore italiano, se vogliamo chiamarlo così. Rocco Scotellaro, poeta e attivista lucano, segna la via con la poesia da cui prende il titolo l’album, “Porteremo gli stessi panni”, e con quelle che fanno da testo ai brani di apertura e di chiusura, rispettivamente “Padre mio” e “Pozzanghera Nera 18 aprile”. Adduce si confronta con la figura paterna nella terra natia, in Basilicata, e riapre delle vecchie ferite che dovevano essere esplorate e ricucite. Dalla Basilicata a Milano la strada è lunga: si incontrano tradizioni, modi di fare diversi che si rispecchiano nella musica dei Guignol, teatrale, rumorosa e decadente. Viene cantata la tradizione del sud, il ritorno alle radici (“Oggi dopotutto”) e la Milano inquieta, egoista e frenetica (“La Promessa”, dedicata a Luciano Bianciardi e alla promessa che fece all’operaio del marmo nel suo libro “La vita agra”).

La band nel corso degli anni ha cambiato diversi componenti, trovando ogni volta sotto la guida di Adduce stimoli nuovi e sonorità  diverse.   Il contenuto principale, tuttavia, è il testo e tutto ruota intorno a questo: i brani possono essere vestiti in più modi, possono toccare più generi, più stili, ma devono esaltare il contenuto e calzarlo il meglio possibile. “Sei fratelli” vede la contrapposizione della figura assente del padre con quella sempre presente della madre, il perno della famiglia. Il sound si avvicina al folk americano, le sonorità  melodiche e arpeggiate sono riconducibili all’immagine della madre e al ricordo della famiglia. “Maria Vergine” è più acre, più nervosa, più rumorosa e vede protagonista la tipicità  della riservatezza di una donna del sud, molto legata alle tradizioni «Con lei che rientra svelta, piccola e accigliata, senza mai alzar la testa, assorta e riservata. Per la confidenza non c’è margine». Si sentono i cori femminili, si percepisce il caldo arido del sud e il peso delle tradizioni.

I Guignol però non perdono la vena blues, quella più intima, più cruda e la riversano tutta ne “L’orizzonte stretto”, lo stesso senso malinconico di viaggiare che si portavano dietro i bluesman degli anni Quaranta «Con l’unica frontiera, stazione del metrò del capolinea, un’ora circa a piedi, come un miraggio, finchè non la vedi, finchè non la vedi ».

“Porteremo gli stessi panni” è la conferma dell’importante vena cantautorale di Pier Adduce, accompagnata da una musica in costante divenire, salda nelle tradizioni, ma mai vecchia. Il passato a cui si rivolgono molti dei testi risulta essere attuale: alcune cose non cambieranno mai. Sono poesie teatralizzate e musicate. Far convivere poesia, metrica e musica è un lavoro per pochi e i Guignol dimostrano ancora una volta di saperci fare.