Con un altro mese ormai alle spalle ci concediamo un piccolo ma prezioso recap: The Beautiful Ones raccoglie le uscite discografiche, pubblicate negli ultimi 30 giorni, che più abbiamo apprezzato.


BAUSTELLE
L’Amore e La Violenza II

[Warner]
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Racconti di donne, uomini, perdizioni, leggende e storie che si dipanano nel fascino discreto della borghesia dei Baustelle, che a ben vederla è molto più profonda, molto più arguta di un citazionismo scevro. “L’Amore e La Violenza volume 2” è la chiusura di un cerchio, uno svincolo autostradale e musicale ben preso.
[Gianluigi Marsibilio]

ANNA VON HAUSSWOLFF
Dead Magic
[City Slang]
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Per modestia sull’oggettività  del mio giudizio non avevo mai scritto capolavoro, ma forse devo cogliere l’occasione in questo caso, confortata anche dall’impatto che il disco sta suscitando, unendo nell’entusiasmo ascoltatori di background e gusti anche lontani.
[Alessandra Battaglini]

DAVID BYRNE
American Utopia
[Nonesuch]
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Un album brillantemente imperfetto, un’avventura che può funzionare piuttosto bene (“Gasoline And Dirty Sheets”, “Doing The Right Thing” dove il matrimonio tra generi musicali è pienamente riuscito, il minimalismo di “This Is That”opera di Byrne e Lopatin) ma anche portare a qualche delusione (“It’s Not Dark Up Here” che fa un po’ rimpiangere i giorni della Luaka Bop, il funk elettronico di “Everybody’s Coming To My House”). Il voto finale (sette e mezzo) vuol premiare il coraggio di un artista indubbiamente geniale, che ha sempre cercato e tuttora cerca di restare al passo più con i tempi che con le mode.
[Valentina Natale]

LUCY DACUS
Historian
[Matador]
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Musicalmente è lirismo guitar-rock al femminile, capace di spaziare dal folk a distorsioni anni ’90 che ci mandano letteralmente in paradiso (il finale di “Night Shift” è roba che rimanda quasi ai Radiohead dei tempi d’oro del secondo disco). Il suono è potente eppure capace anche di una dolcezza surreale, si esalta in ritornelli deliziosamente indie-pop per poi farsi improvvisamente più spesso, scuro e sonico. Strutturati in modo perfetto gli arrangiamenti d’archi o di fiati, che fanno capolino nei momenti giusti, mai per soffocare ma per impreziosire il tutto.
[Riccardo Cavrioli]

SOCCER MOMMY
Clean
[Fat Possum]

Il disco mantiene il tono Lo-Fi che ci aveva fatto innamorare di lei su Bandcamp, nonostante sia presente la mano di Game Vax, che ha collaborato con The War On Drugs e tanti altri artisti enormi.

“I can see you blossom in the future” e siamo certi che l’azione dello sbocciare per lei non appartenga solo al futuro, anzi: Soccer Mommy è già  un fiore in un prato che è sbocciato e tutti siamo fermi a guardarla, estasiati.
[Gianluigi Marsibilio]

YO LA TENGO
There’s A Riot Going On
[Matador]
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Altre tracce in scaletta come “Here you are”, “Shades of blue”, “She may, she might” ci restituiscono gli YLT a cui siamo più abituati, quelli velvettiani e gentilmente psichedelici, e sono certo che “There’s a riot”…” convincerà  sia i fans della prima ora che quelli che si avvicinano a questa band solo con questo ultimo lavoro, candidandosi fin da ora ad un posto d’onore nella top ten di fine anno di molti appassionati di musica indipendente.
[Stefano D’Elia]

JONATHAN WILSON
Rare Birds
[Bella Union]
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“Rare Birds” è una navicella spaziale lanciata nel cosmo per scoprire nuove possibilità  e paradisi sonori. Non possiamo far altro che salirci a bordo e lasciarci conquistare, alienare e attraversare.
[Giulia Zanichelli]

SUUNS
Felt
[Secretly Canadian]

Quelli che potrebbero sembrare difetti sono in realtà  i punti di forza di “Felt”, un album così audace da porre il gruppo di Montreal sulla stessa linea immaginaria che unisce grandi innovatori del rock come King Crimson e Scott Walker ai più moderni Battles, Autolux e Liars. Arrivare alla fine di questo trip dall’alto tasso sperimentale è una sfida ardua ma assolutamente appagante.
[Giuseppe Loris Ienco]

PREOCCUPATIONS
New Material
[Flemish Eye]

Ancora una volta i Preoccupations si fanno alfieri di un esistenzialismo del paradosso fondato su un approccio anti-didascalisco, approfondendo le tematiche della fragilità  umana sempre evocandole e mai mettendole solamente in piazza, allentando le fitte trame della propria monolitica impenetrabilità  attraverso una visione ancora più astrattista. Meno compressa diremmo, meno implacabile. “New Material” è un disco che potremmo definire smarrito e contemporaneamente pregno d’urgenza, smanioso nella sua ricerca di un nuovo equilibrio. Non il migliore album della band, ma sicuramente il più catartico e personale.
[Luca Morello]