Le uscite sono tante, lo spazio è poco. Andiamo a raggruppare tre ottimi EP usciti in marzo che meritano qualche parola d’approfondimento.

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Avevamo già  parlato di questi simpatici Sleepovers nella nostra rubrica ‘Brand New’, ma ora è il momento del primo biglietto da visita importante, grazie a questo EP d’esordio, in cui la loro passione per il brit-pop e per la scuola di Manchester emerge decisamente bene. Permane anche quel piacevole senso di “leggerezza” che rende il tutto ancora più scorrevole. Si parte già  benissimo con la pimpante “Good Sides” che rimanda a dei Blur che se la spassano con i Campag Velocet. Ottimo lavoro con le chitarre sporche e il groove. Se “Here We Go Again” pare uscire da un trattato su Madchester, la succesiva “Luv U” è più sognante e onirica (seppur la fisicità  non viene dimenticata) e ci pare quasi di ricordare lo zucchero filato degli esordi degli Swim Deep, in cui le chitarre non mancavano di certo. “Group Therapy” con quel mix tra Blur e Stone Roses chiude il conto. Primo passo più che incoraggiante! VOTO: 7

Sempre un piacere rivere all’opera Macpherson e soci, sopratutto se le cose funzionano alla meraviglia come in questi 4 brani. La partenza è spiazzante, perchè “Untitled In D” si basa principalmente su un sound chitarristico, mentre gli altri tre brani riprendono un tiro più new-romantic anni ’80, con i synth presenti e la voce di Fred che guida la via melodica in modo sublime, segnando ovviamente ottimi punti a favore anche nei testi, pefettamente ancorati alle ansie e alle situazioni della nostra vita attuale, non solo relazioni amorose o nel nostro modo di porci rispetto agli altri, ma anche con forti implicazioni politiche e culturali. Maturi, energici, perfettamente a fuoco nel calibrare lo spirito più pimpante dell’esordio con la compattezza synthetica del secondo album, gli Spector ti piazzano un tripudio pop come “Fine Not Fine” e capisci subito che tutto sta andando per il verso giusto. La ballata piazzata nel finale (che poi parte ballata ma non finisce tale), “Wild Guess”, è, per chi vi scrive, uno dei punti più alti di una carriera, con queste chitarre accattivanti   che entrano in modo esaltante e una melodia cristallina. Se questo è l’antipasto di un disco, beh, ne vedremo davvero delle belle! VOTO: 7,5 (sarebbe otto, ma calo di mezzo punto solo perchè è un EP).

Anche il duo di Bergen è già  stato ospitato nella rubrica ‘Brand New’ e ci sembrava doveroso segnalare anche il loro esordio sotto forma di EP. Ida Knoph-Solholm e Alexander Breidvik si muovono su coordinate toccanti ed emozionali, mentre il loro approccio così greve e slow cattura completamente la nostra attenzione, rapita da paesaggi scuri e pregni di emotività  (“Broken Glass” è da pelle d’oca, ve lo assicuriamo). Può non essere facile approcciarsi alla musica degli Other End, sicuramente non è qualcosa va affrontata con leggerezza e disismpegno, eppure la forza empatica e oscura di questi 5 brani è magnetica a dire poco. La band lavora spesso con pochi elementi, valorizzandoli al massimo: piano, una voce struggente, ritmiche mai invadenti, chitarre dal gusto guasi folk attente a disegnara tracciati morbidi e a valorizzare anche le pause e i silenzi. “Far From Home” è scandita da questa chitarra delicata e notturna, mentre ci sentiamo completamente avvolti da un senso di magia e di calore, mentre “Leave” si rafforza a una fonte più popedelica e chitarristica. C’è un sacco di talento qui e noi applaudiamo convinti. VOTO: 7,5