Tim Hart lo conosciamo soprattutto come batterista dei Boy & Bear, ma il musicista australiano ha comunque anche una carriera solista e, a distanza di quasi sei anni dal suo esordio, “Milling In The Wind”, è ritornato lo scorso febbraio con questo “The Narrow Corner”, pubblicato da Nettwerk Music Group.

Scritto per la maggior parte mentre era on the road insieme alla sua band principale e registrato negli intervalli tra un tour e l’altro dei Boy & Bear, questo sophomore, suonato quasi interamente dallo stesso Hart, è stato prodotto da Mark Myers (Emma Louise, The Middle East, Timberwolfe), già  al lavoro con lui per il suo debutto, insieme a Wayne Connolly (You Am I, Knievel, Cloud Control), che si era occupato di “Harlequin Dream”, il secondo LP del gruppo di Sydney.

Magari non eccessivamente innovativo, “The Narrow Corner” è comunque un album delicato, elegante, molto ben curato in ogni dettaglio: se i suoi testi sono riflessivi e parlano di temi come la perdita, la disconnessione e di come il viaggiare alteri, nel bene e nel male, le nostre visioni, la musica, invece, è pura gioia per l’ascoltatore. Non sono solo le belle melodie a colpire, ma anche la classe di Hart, che sicuramente non manca.

Ci piacciono i synth di “A Long Way”, ma anche la più morbida “Just A Matter Of Time”, che ha un non so che di quel classic-rock leggero e piacevole.

La gentilezza di “Cool Water” ci porta verso un tranquillo finger-picking folk, che lascia spazio alla riflessione, mentre “Stone’s Throw” è forse l’unico brano in cui il ritmo si alza con una maggiore intensità , pur senza mai raggiungere livelli esagerati.

“The Narrow Corner” alla fine dei conti è un disco calmo e rilassato che si lascia ascoltare molto volentieri e che mette in mostra il talento del musicista australiano: un buon album, semplice, ma decisamente gradevole.