Fabio Cinti è tornato in scena a due anni dall’ultimo, interessante “Forze elastiche”, con il rifacimento di un intero disco del Maestro Franco Battiato, con cui aveva già  avuto contatti ai tempi dell’ “Apriti Sesamo Tour” nel 2013.
Quello di Cinti però è molto più di un semplice omaggio o di un album di cover: la sua rivisitazione del classico “La Voce del Padrone”, con sottotitolo “un adattamento gentile”, che sdoganò il fenomeno Battiato in classifica, assomiglia molto a un vero atto di amore e di rispetto per quella che è indubbiamente un’opera imprescindibile della musica italiana tutta.

Varcata da poco la soglia dei quarant’anni ““ gli ultimi quindici interamente dedicati alla sua attività  artistica ““ il cantautore laziale decide di mettere letteralmente anima e cuore in sette episodi notissimi ma che siamo comunque abituati a sentire riecheggiati nella loro originale veste pop elettronica, con quegli arrangiamenti, che assieme a testi unici, funambolici e colmi di citazioni colte e non, fecero la fortuna del disco.
Ecco, Cinti reinventa dal punto di vista musicale quell’afflato sonoro e ci riconsegna un’opera assai raffinata, solenne, densa di atmosfere con l’utilizzo di un quartetto d’archi e del solo pianoforte qua e là  ad accompagnare la sua voce, molto “battiatana”, anche nel tono e nella pronuncia.

Un progetto di cui il Nostro ha curato anche la produzione artistica, avvalendosi della preziosa collaborazione per gli adattamenti musicali della violinista Vanessa Cremaschi e della violoncellista Giovanna Famulari. Il risultato, come detto, pur nella nuova veste con cui tutti i brani sono rivestiti, non va affatto a scalfire o sconvolgere da un punto di vista meramente melodico, quella che era l’essenza del disco originale (in tal senso anche la copertina è rimasta pressochè fedele a quella del disco d’uscita).

Parlando dei singoli episodi, sulla cui qualità  è quasi pleonastico mettersi a disquisire, ovviamente sono le canzoni più “commerciali” a suscitare la curiosità  dell’ascoltatore medio. E occorre ammettere che non suonano male le varie “Cuccurucucù”, “Centro di Gravità  Permanente” e “Bandiera Bianca”, anche se personalmente ho avuto modo di apprezzare in particolare una “Sentimento Nuevo” resa più dolce e profonda con archi e piano e una “Segnali di vita” che acquista se possibile ancora più spessore.
Insomma, un album che non è soltanto un mettere un punto e ripartire, una pausa dai lavori inediti, ma piuttosto una nuova tappa di un percorso artistico che sta spingendo di volta in volta l’asticella della qualità , magari andando a discapito dell’accessibilità  o delle logiche di mercato.