Torna Johnny Marr con un nuovo lavoro “Call the Comet” a ben 5 anni di distanza dal suo ultimo lavoro.
Quando si parla di Johnny Marr è impossibile non ricordare i The Smiths, di cui insieme al buon vecchio Moz ne è stato l’anima , o di come sia riuscito a imporre all’epoca un sound e una tecnica che ha fatto scuola, ispirando miriadi di chitarristi negli anni successivi.
Insieme a Mark Knopfler ha fatto la storia della chitarra degli anni 80, non solo per una questione di capacità tecnica, ma soprattutto per un sound innovativo elegante ed incisivo.
Terminata la carriera con gli Smiths con l’album “Strangeways here we come”, lavoro poco apprezzato dai fans dell’ultim’ora ma in realtà dopo “The Queen is dead” il loro migliore lavoro, ha proseguito la sua carriera con una quantità notevole di collaborazioni, dai Talking Heads, ai Pet Shop Boys, ai The The, ai Modest Mouse e molti altri.
Negli anni 90 ha formato la band Electronic con Bernard Sumner cantante dei New Order, con il quale ha pubblicato tre album, mentre la sua carriera solista contava fino ad ora solo due album pubblicati nel 2013 e 2014.
In “Call the Comet” come ovvio la chitarra fa la parte del leone, e per chi ha nostalgia del sound degli Smiths, Marr concede due brani che a ben vedere sarebbero stati bene in un loro ipotetico reunion album .
Mi riferivo a “Day in Day out” e “Hi Hello” dove si ha l’illusione di sentire Morrissey attaccare con “Sweetness sweetness I was only joking”…”.
L’album appare più maturo degli altri, ma ha la caratteristica di tutti gli album di Johnny Marr, la mancanza di personalità e della capacità di dare una spinta ai vocale brani, che in fondo era quello che rendeva l’unione Marr Morrissey speciale.
Il disco si apre con “Rise” che, per chi avesse mai avuto dei dubbi, dimostra come gli Electronic fossero molta farina del suo sacco.
Tra le tracce da segnalare ci sono “The Tracers” in perfetto Brit Style anni 90 , “New Dominions” per la sua originalità e dimensione elettronica, e “Walk Into the Sea” con un inizio ipnotico e ripetitivo.
L’album si chiude con “A Different Sun”, uno dei migliori brani di tutto il disco.
Johnny Marr è un artista che merita rispetto ma questo album pur regalando altri brani da aggiungere alle sue esibizioni live, non ha le caratteristiche e la forza per essere indimenticabile.