Un disco per domarli, un disco per trovarli,
Un disco per ghermirli e nel Blue Karaoke incatenarli.
La poesia dell’anello riadattata al nuovo lavoro di Mecna, “Blue Karaoke”, appena uscito per Universal, è un modo per celebrare un disco perfettamente legato al modo di Corrado di raccontarsi con i suoi dischi: con questo disco però possiamo definitivamente toccare e gustarci il definitivo salto di qualità di Mecna.
“Blue Karaoke” è una conclusione cupa, brutale e schietta di una serie di immagini connesse al passato discografico dell’artista. Esattamente nel primo disco per una major, Mecna riavvolge il filo con il passato, consulta vecchie immagini come in 31/09, brano che chiude il cerchio con “31/07” o anche in “Bugie”, dove viene usata la frase: Io quando ho fatto i bagagli non ero cosciente di quanto sarei stato qua (chiaro riferimento a “Le Valigie per Restare”) o addirittura viene rievocato il “Disco Inverno” in “Senza di Me”.
Gli echi del passato si ergono come pareti dentro ai beat, super curati, e sono un ottimo paragone utile a mostrarci l’evoluzione artistica di Corrado.
I paesaggi sonori sono pensati con una sopraffina intelligenza pop: non a caso al lavoro è legato con un featuring Ghemon, che lo scorso anno aveva proposto un’operazione altrettanto intelligente.
“Blue Karaoke” mostra come l’evoluzione sia un valore e il tener fede alle proprie scelte sia la scelta più importante per svilupparsi al meglio: avere una buona consapevolezza della propria idea di musica è più interessante di rivoluzioni annunciate o squilli di tromba e hype vario.
Ghemon e Fibra sono adatti a rappresentare l’essenza del lavoro: tutto rimane sussurrato, dal più profondo dolore alla gioia più pura. Le canzoni sono malleabili, si scompongono e ricompongono, riescono ad essere adatte, smart.
Mecna si lancia, come Massimo Vignelli nel “’72 in un’impresa simile a quella di illustrare, per la prima volta, la mappa della metro di New York. “Blue Karaoke” nei suoi andirivieni ritmici, disegna stanze di caos e in tre parole rimette tutto in ordine, con semplicità .
La produzione del disco è nitida, tutto è pulito come la casa di tua zia schizzinosa che passa lo straccio ovunque, anche in luoghi impensabili.
“Blue Karaoke” è comunque un lavoro onnivoro, poco estremo, in cui è facile riconoscersi, in cui si possono trovare scorci di luce in beat inaspettati e passaggi aperti e lucidi o ci si può immergere in un mare di incertezze, delusioni.
Nel complesso mi sento di additare a B.K. la capacità di essere un disco notturno e allora per puro esercizio di stile parafraso Kafka, che si è fatta anche una certa e so che apprezzerete: Se non posso inseguire le storie attraverso le notti, si sgretolano e scompaiono. Mecna nel disco riunisce le storie, “Blue Karaoke” è una finestra su un cortile che si affaccia su proposte, amori, disturbi e risentimenti.
Brani come “Pratica”, “Bugie” e “Hotel” ci rompono, ci fanno giudicare dall’esterno quello che siamo e raramente ci lasciano intatti.
Mecna è un cantastorie, uno che sa disegnare labirinti, tocca a noi mettere dentro il nostro personale Minotauro, per provare a sconfiggerlo.