“Year Of The Snitch” dei Death Grips è un album che stordisce sin dal primissimo ascolto. In appena 37 minuti MC Ride, Zach Hill e Andy Morin ci vomitano addosso tonnellate di suoni spezzettati e ricomposti alla rinfusa. Un frullato di canzoni che, nonostante l’apparente assenza di qualsiasi tipo di logica o struttura, sembra avere uno scopo ben preciso: tradurre in musica la confusione che domina incontrastata nella rete.
Non aspettatevi però nessun atteggiamento critico da parte del trio di Sacramento: il loro approccio a internet è quello tipico dei troll che affollano piattaforme diffusissime negli Stati Uniti come Reddit o 4chan, (cyber)terre di nessuno dove milioni di utenti, quasi sempre anonimi, pubblicano qualsiasi cosa gli passi per la mente senza avere troppa paura di essere censurati o bannati. è proprio in questi angoli più o meno oscuri del web che spesso prendono forma e si trasformano in tendenze tutti quei meme che infestano le nostre home di Facebook e Twitter.
Contenuti trash e nonsense che ci respingono e ci attraggono allo stesso tempo, mossi come siamo da quella curiosità ingorda e incontrollata che ci spinge a restare incollati per ore davanti agli schermi degli smartphone, passando in rassegna gli aggiornamenti di status di pagine o persone delle quali il più delle volte, in realtà , non ce ne frega assolutamente niente. La stessa sensazione di stordimento che si prova dopo aver trascorso giornate intere a navigare nell’immenso nulla dei social network la ritroviamo tra i solchi di questo disco, eccessivo e caciarone come solo le migliori opere a firma Death Grips sanno essere.
I frammenti di hip hop, trap, punk, industrial, digital hardcore ed elettronica “lurida” alla base della loro ormai comprovatissima ricetta vengono cuciti insieme dalle mani esperte di Hill e Morin, con il primo a disegnare trame ritmiche talmente complesse e interessanti da sfiorare, almeno a tratti, il rivoluzionario. In “Year Of The Snitch” la batteria e la drum machine rubano la scena persino a un indiavolatissimo e come al solito criptico MC Ride, le cui rime schizzano via come proiettili impazziti che si conficcano nell’impressionante, folle muro di rumore messo in piedi dai suoi due compagni di viaggio.
Nell’album c’è di tutto e di più: richiami alla rave music (“Death Grips Is Online”), forme depravate di trap (“Flies”, “Linda’s In Custody”, “Streaky”), sfuriate in salsa punk digitale (“Black Paint”, “Hahaha”), strane idee di psichedelia (“Dilemma”, “The Fear”), un esempio di free jazz sotto effetto di ecstasy (“The Horn Section”), un deragliante crossover tra Atari Teenage Riot e Napalm Death (“Shitshow”, con tanto di blast beat dall’effetto “copia e incolla”) e tanti, tanti passaggi di follia gratuita e fine a se stessa (“Little Richard”, “Disappointed”).
Decisamente troppa carne al fuoco, anche per gli standard ai quali ci hanno abituato i Death Grips. Ma è proprio questo è il bello di “Year Of The Snitch”: un album esagerato ed eccitante dal primo all’ultimo minuto, dispersivo e pieno zeppo di “scemenze” divertenti come i nostri (amati?) social network.