Era già  uscito questo disco l’anno scorso (7 canzoni), via Joyful Noise Recordings, ma ora trova nuovi riflettori (e l’aggiunta di nuovi brani) grazie alla ripubblicazione (meritata e doverosa) della Saddle Creek. Avevamo già  parlato della fanciulla, ma ora che l’album è uscito e le recensioni stanno arrivando, beh, ci teniamo anche noi a tessere le lodi di Sarah Beth Tomberlin. Fragili e intimi cristalli acustici che segnano il passaggio dall’adolescenza all’età  adulta, lo sguardo al passato (rassicurante) e i dubbi per un futuro (nebuloso), mentre la maturità  bussa alla porta, con tutto il suo carico di promesse, solitudini, rimpianti e insicurezze mascherate da sicurezze, mentre il retaggio religioso della famiglia permea comunque l’ambiente, nel bene e nel male, perchè la fede si può anche perdere e perchè questi dolci e autunnali inni pastorali hanno davvero un aura quasi sacra e mistica.

Non sarà  la prima volta che sentiamo argomenti simili in musica, certo, ma la grazia assoluta con cui la voce di Sarah si sposa alla sua chitarra e queste melodie così candide, no, quelle non sarà  così facile trovarle.
In un disco meravigliso che si eleva per un gusto semplice e misurato e l’attenzione alle piccole (ma fondamentali) cose (anche negli arrangiamenti stessi) ecco che brillano due parle assolute, messe in successione come la ballata pianistica “I’m Not Scared” e quell’incanto che è “Seventeen” (un violino che dialoga con questo lavoro di finger-picking alla chitarra), da pelle d’oca. Con una doppietta simile non ci sarebbe già  null’altro da dire, ma c’è anche il resto del disco. Che va amato.