Eh già , sarebbe stato veramente difficile sfornare un disco migliore di “Brutalism”. Sarebbe stato impossibile riuscire ad essere liricamente più accattivanti ed eloquenti rispetto ad un disco seminale che vomitava una protesta giovanile quasi assoluta riportandoci direttamente nell’Inghilterra degli anni 70 con da una parte la Iron Lady e dall’altra band come Sex Pistols, The Clash, The Damned , vere antagoniste al tempo di un sistema politico e sociale ai limiti del baratro.
Esatto, sarebbe stato impossibile fare meglio di così e invece i cinque inglesi ci sono riusciti. Gli Idles confezionano un album superbo con un punk vertiginoso dal sapore intelligente, martellante ed emozionale allo stesso tempo.
La band post hardcore e post punk di Bristol con “Joy As An Act of Resistance” rompe gli schemi del punk rock attraverso una poesia quasi unica nel suo genere arrivando al cuore in men che non si dica. Un messaggio che ci invita a riflettere sulla nostra fragile esistenza attraverso testi pieni d’amore e parolacce alla “I’m fuckin love you”. Sembrerà strano ma non è un catechismo 2.0, è proprio lo stile caratteristico degli Idles colmato di rabbia e urla inarrestabili che tramite frasi dirette, e qualche parolaccia, riescono a professare la fratellanza con un semplice immigrato (“He’s made of bones, he’s made of blood, he’s made of flesh, he’s made of love, he’s made of you, he’s made of me, unity!”) o il disprezzo per un mercenario alla paga del Governo o della Regina come James Bond (“I don’t care about the next James Bond, he kills for country, queen and God, we don’t need another murderous toff”) fino alla condanna della mascolinità imposta fin da piccoli come maschera alle emozioni (I’m a real boy, boy, and I cry, I like myself, and I want to try, this is why you never see your father cry).
Il punk seminale degli Idles è qualcosa che entra dentro alla testa rimbalzando di continuo nelle pareti del cranio fino ad annidarsi nelle più profonde cavità del cervello, non lascia scampo. I suoni sono grezzi, tossici ma contemporanei, a volte mistici e funerei come nella struggente “June” scritta da Talbot per la figlia purtroppo nata morta.
Sicuramente rispetto al più grezzo e pungente “Brutalism” c’è stato un salto in avanti, uno smusso ai suoni, un accenno vago di melodia e una produzione massiccia da cazzotti in faccia. Chissà se gli Idles diventeranno il punto di riferimento per le band che verranno e la vera punta di diamante che sta cercando il Punk inglese da qualche tempo assieme a Shame, Cabbage, Sleaford Mods.
Quello che so è che con “Joy As An Act of Resistance” gli Idles mi hanno mandato completamente in pappa il cervello. Sarà che in questo disco sento tutto ciò che avrei voluto sentire da quando 15 enne crestato macinavo dischi punk sognando qualcosa di nuovo ma che mi ricordasse le vecchie glorie Inglesi. Sarà che adoro i dischi così, estranei da qualsiasi cosa che mentalmente possa trasmettere il senso dell’ordine, sarà che qui Joe Talbot ha superato se stesso come lyricsman e performer ricordandomi un po’ Johnny Rotten con i suoi cantati calanti e pieni di noia.
Sarà che a questo punto sono completamente innamorato degli Idles e proprio come loro dico : I fucking love you, I really love you, Look at the card I bought, It says I love you.