Arriva stasera uno dei momenti più attesi della stagione, ovvero il ritorno dei National in Italia per presentare il loro settimo album, “Sleep Well Beast”, pubblicato lo scorso anno via 4AD: chi scrive li aveva visti per l’ultima volta nel luglio del 2016 nella meravigliosa Piazza Duomo a Pistoia nel corso del Pistoia Blues Festival.
Questa volta lo scenario non è esattamente così suggestivo, perchè la Fiera Di Rho nulla ha di romantico o di affascinante, ma ci “accontenteremo”.
Arriviamo purtroppo con grande ritardo a causa dei soliti problemi di Trenitalia, che ci fa giungere nel capoluogo lombardo con quasi cinquanta minuti di ritardo: dopo un viaggio in metropolitana e una interminabile camminata, riusciamo a scorgere finalmente il grande palco del Milano Rocks, dove Alex Kapranos e i suoi Franz Ferdinand stanno suonando già da parecchi minuti.
Solo il tempo di ascoltare una manciata di canzoni, che ci dimostrano come la band scozzese sia assolutamente in forma e sappia ancora divertire i suoi fan, prima che il loro live-show giunga al termine.
Ci aspettiamo una grande prestazione dai National, che salgono sullo stage meneghino quando l’orologio segna le nove e quaranta: “Nobody Else Will Be There” apre il concerto del gruppo dell’Ohio, regalando subito sorprese, questa volta ““ ahimè ““ in negativo.
Se, infatti, non possiamo che inchinarci davanti alla strumentazione, che sarà eccellente per tutti i novanta minuti dello show, è la voce di Matt Berninger che sembra non funzionare a dovere: che la colpa sia del vino italiano o magari di un mal di gola non lo sapremo mai, ma di sicuro questi segni premonitori non ci lasciano molto tranquilli.
Le emozioni che questa canzone ci sa regalare su disco qui purtroppo non riescono ad arrivarci.
La situazione si fa triste poco dopo, quando durante “Walk It Back”, il frontman per un momento dimentica le parole, ma riesce a uscire dalla situazione imbarazzante con un sorriso, che fa sì che il pubblico italiano lo perdoni immediatamente: interessanti, invece, i synth che caratterizzano il brano, ben supportati dalle sempre ottime chitarre dei fratelli Dessner.
Grazie a Dio, dopo questo “warm up”, la voce di Berninger inizia a prendere una buona condizione, anche se purtroppo ci sarà ancora qualche piccola pecca durante questa serata: “Bloodbuzz Ohio” viene dedicata alla sorella di Bryce e Aaron, sposata in Italia e presente oggi tra la folla. Difficile non rimanere incantati dal pezzo estratto da “High Violet”, in cui sin dall’inizio appaiono ““ piuttosto inaspettati, ma alquanto graditi ““ dei bellissimi fiati a ornare la sua già elegante forza strumentale.
L’aspetto emotivo diventa molto intenso nella successiva “I Need My Girl”: i suoi semplici arpeggi, aiutati anche qui dai preziosi trombone e tromba, ci regalano sensazioni uniche.
L’inedita “Light Years”, pur breve, ci mostra la faccia più romantica di Berninger e compagni, con solo piano e batteria ad accompagnare la voce del frontman, ora in buone condizioni.
Matt si tuffa tra il pubblico durante “Day I Die”, mentre la potenza delle chitarre e la velocità della batteria continuano ad aumentare; invece la sezione ritmica, cortesia dei fratelli Devendorf, fa funzionare alla perfezione “Graceless”, un altro tuffo dentro le dense e inarrivabili emozioni che solo i National e poche altre band sanno regalare.
Arriviamo al momento della magica doppietta “Mr November” ““ “Terrible Love”, il più classico dei classici per i fan della band di Cincinnati: intenso, potente, una vera propria bomba in faccia il primo, emozionante e in continua crescita il secondo. Il pubblico meneghino non può che gioire e godere dei sentimenti preziosi di cui Berninger e soci gli fanno gentile dono.
La serata si chiude con “Vanderlyle Crybaby Geeks” cantata unplugged con il supporto dei fan, a cui Matt lascia presto la completa conduzione dei vocals: il risultato è qualcosa di totalmente magico.
Ci possiamo lamentare della location non perfetta e suggestiva come poteva essere Piazza Castello a Ferrara, per esempio, e anche della non sempre precisa voce di Berninger, ma in ogni caso anche oggi i National hanno saputo dare a tutti i presenti tantissime emozioni irripetibili e di rara intensità e questo è già tantissimo: peggio per quei pochi che, alla fine della performance dei Franz Ferdinand, hanno deciso di andarsene per motivazioni a noi sconosciute e incomprensibili.