Se Alien Boy fosse un lungometraggio sicuramente Sonia Weber sarebbe la protagonista principale. Il film sarebbe ambientato nella città di Portland, la città dei Decemberists o se preferite di Elliott Smith. Qui, una ragazza decisamente introversa scrive canzoni, molto tristi a dire il vero, riguardo le sue esperienze di vita, soprattutto riguardo amori finiti male o, peggio, non corrisposti. La band nasce nell’estate del 2014 quando Sonia e Derek iniziano a scrivere le prime canzoni. A loro si uniscono Mac e Caleb nel gennaio dell’anno successivo, periodo in cui la band inizia ad esibirsi nei locali della città . Pubblicano il loro primo EP, “Never Getting Over It”. Vengono notati e finiscono nella scuderia Tiny Engines (Wild Pink, The Hotelier). A fine agosto di quest’anno è stato dato alle stampe il loro primo album “Sleeping Lessons”, dieci canzoni, la maggior parte scritte da Sonia e registrate un anno fa in un seminterrato, ancor prima della firma con la Label della Carolina.
Sonia è cresciuta ascoltando ossessivamente band come gli Smiths, non ne ha mai fatto mistero, l’attrazione per la band di Manchester è così forte che possiamo ascoltarci una fedele cover di “Hand in Glove” inserita nel loro primo EP.
Perchè il nome ” Alien Boy”? Presto detto: nei precedenti lavori si percepisce la forte influenza di una altro gruppo storico, i Wipers, anche loro di Portland, una band che viene considerata la prima punk band del nord est americano e che furono anche tra le band più influenti nel panorama “garage”, genere che iniziava ad attecchire nei primi anni ottanta in tutti gli States. Il loro debut album del 1979 “Is This Real” è un capolavoro e ci troviamo un brano, “Alien Boy”, dedicato a James Chasse, un pensatore visionario di Portland che ispirò la composizione di parecchi brani di quell’album. Chasse, che soffriva di schizofrenia, fu ucciso nel 2006, picchiato a morte dalla polizia durante una colluttazione. Ovviamente questo fatto ha avuto un grande impatto non solo negli ambienti alternativi della città e nel 2013 fu addirittura girato un documentario ” The Life and Death of James Chasse” diretto da Brian Lindstrom.
In “Sleeping Lessons” la componente emo/shoegaze fa capolino, i testi rimangono introspettivi, Sonia ci porta nel suo mondo di eterna perdente ed anche se la open track e primo singolo “Somewhere Without me” è un omaggio allo storico pezzo degli Stone Roses “I Wanna be adored”, qui non solo non c’è adorazione ma neppure una briciola di stima per se stessa. Chitarre pesanti e cupe, una lunga introduzione strumentale, la voce implorante ma allo stesso tempo ormai rassegnata che faticosamente trova il modo per farsi ascoltare- “hai detto che vuoi essere adorato e neppure riesco a farlo nel modo giusto” un buon inizio insomma..
Vibrazioni e sensazioni che ci riportano ai suoni famigliari che si ascoltavano negli anni ottanta, la new wave inglese, i suoni ombrosi, cupi e tenebrosi di un certo shoegaze targato My Bloody Valentine. I ritmi si mantengono alti ma anche quando si rallenta non ci troviamo spaesati ( “Just Kids” e la conclusiva “Sleeping Lesson”). “If we don’t Speak” è l’esperienza della fine di un rapporto sognando senza tregua la persona che non è più accanto a te: ci si può consolare del fatto che almeno in un sogno puoi continuare una sorta di relazione, un’ulteriore possibilità di comunicazione? “Hooked, Glued, You” è secondo me il pezzo più interessante dell’intera collezione: se la parola angoscia avesse un suo supporto musicale la traccia numero sei di quest’album sarebbe la principale candidata. “Only Posers Fall In Love” si candida invece per miglior anthem dell’album e “600 Days” è, strano a dirsi, un bel power-pop solare. Anche un pizzico di grunge si può assaporare in “On The Ride Back Home”
La città di Portland si adagia su un’ aera vulcanica ancora attiva. Il suo nome è stato scelto con un lancio di moneta: l’altro lato era associato al nome “Boston”. Anche gli Alien Boy sono una scommessa: Sonia Weber è come un vulcano che sta per esplodere, chissà se nel prossimo futuro riuscirà a trasformare la sua inquietudine in altra buona musica e testi. Noi ci crediamo, perchè come diceva quel tale di Manchester potrebbero essere ” Good times for a change“…”