Settimo album per la band di Toronto, ormai dalla carriera ventennale e dall’organico altrettanto consolidato.
Con “Art of Doubt” i Metric si muovono all’interno dell’area di quelle che sono le loro collaudate competenze ed abilità sonore, toccando varie angolature da quelle più pop-rock, a quelle più dreamy, più synth o new wave e 80’s, con discreta energia e buon gusto, che fondamentalmente non sono mai mancati: il problema principale di questo lavoro è che in questo perimetro non tracciano mai un solco deciso e degno di nota con la personalità che ci si aspetterebbe, tanto meno si rinviene quel coraggio di uscire dal tracciato per dare un qualcosa in più all’album che finisce con il rivelarsi quindi piuttosto anonimo, seppur easy listening e dall’assetto ponderato.
Da Emily Haines e soci era lecito attendersi qualcosa di più: “Art of Doubt” non avrà l’onore di entrare nei libri di storia della musica, d’altro canto – probabilmente- non sposterà di un centimetro la valutazione che i fan storici della band canadese si sono fatti di tutta la produzione dei Metric nel suo complesso.