Vengono dalla città di Brisbane, grosso centro urbano situato sulla costa orientale Australiana. Il gruppo si compone di quattro elementi, Nick (voce e chitarra), Sarah (voce e basso), Zuzi (Synth) e Matt (batteria) e “Cosmic Anti Stuff” è il loro secondo lavoro sulla lunga distanza. Registrate in 5 giorni lo scorso febbraio, l’album ha in scaletta nove brani dalla forte impronta dream-pop (facilmente riscontrabile nella melodia della parte vocale) ma con un sottofondo molto compatto di chitarre distorte, linee di basso e synth che danno un senso orizzontale e di movimento al suono, tipico delle band shoegaze. Suoni spesso sporchi, a volte risulta difficile cogliere il suono dei vari strumenti che avvolgono la tenue voce di Sarah che con testi a volte criptici riesce a creare un’atmosfera quasi claustrofobica.
L’album si apre con la strumentale “Belong”, ben costruita su pochi accordi con le due ipnotizzanti note di chitarra ad accompagnare l’intero brano. Le successive “Rhodaminene” e “Roladex” sembrano però la stessa canzone con la seconda suonata ad un ritmo leggermente più lento. L’approccio con pezzi come “Ivory Curl” , “Parachute” e “Torpor” è più coinvolgente, i pezzi sono più lenti e meno caotici: si possono apprezzare le linee melodiche ed i vari contributi musicali che soprattutto in “Ivory Curl” mettono in risalto una più che discreta potenzialità nel comporre pezzi con buon impatto emotivo. Difficile dare un giudizio riguardo questo album, forse i suoni lo-fi lo rende particolarmente caotico e disorganico, come un fiume in piena che scorre veloce e rumoroso: questa caratteristica potrebbe però essere considerata come una peculiarità della band.
Un lavoro che offre momenti di indubbio valore per chi ama il genere ma che potrebbe risultare anche fastidioso per chi non è avvezzo a certe sonorità . Il confine tra dream pop e shoegaze non è ben definito e gli Ultra Material hanno trovato il loro personale suono per occuparne uno spazio. “I just want the world to see what a life you’ve made for me” canta Sarah nel finale di “Tranfer”: è una richiesta pretenziosa, il mondo corre veloce di questi tempi ma chi ama la musica e sognare trova sempre un momento per fermarsi ed ascoltare.