di Dario Ardias Thorre
Di solito, tranne rarissime eccezioni, odio i biopic di qualsivoglia genere perchè ne avverto sempre l’olezzo economico e una ostentata capacità nel non essere mai fedeli ai fatti. Se dovessi fare una cernita dei film biografici musicali che ho visto nella mia vita salvo giusto “Great Balls of Fire”, pirotecnico film dedicato alla prima fase della vita di Jerry Lee Lewis, quel capolavoro di “Control” di Anton Corbijn e la sgangherata favola di “Sid e Nancy”. Al rogo da Torquemada, senza se e senza ma, quella porcheria su Jimi Hendrix e “The Doors” di Oliver Stone, da denuncia. Ne avrei degli altri, ma vi risparmio il fetido elenco. Detto ciò, come vedete, ci sarebbe poco da stare allegri vista la situazione, ma per fortuna, il mondo indipendente arriva a salvarci e purificare la nostra anima con delle perle di rara bellezza.
Susanna Nicchiarelli, col suo film meraviglioso, ci regala uno squarcio scintillante e doloroso su un’artista che forse non è stata ancora oggi compresa completamente venendo invece sempre considerata come fissata in un dato momento storico musicale (1967) e stop. Christa Paffgen o Nico, come più vi piace non è stata solo un membro dei Velvet Underground o la bellissima femme fatale che si accompagnava alle grandi rockstar dell’epoca, no; Christa era un animale selvaggio che ad un certo punto ha dovuto fare i conti col tempo che passa, con le proprie paure e i propri fallimenti, con un figlio problematico non riconosciuto dal padre e con un talento che necessitava di crescere da solo, libero da qualsiasi pigmalione, sia esso Warhol o Lou Reed. Christa, magistralmente interpretata da Trine Dyrholm, torna da noi e ci racconta di un periodo, gli ultimi due anni di vita (86-88) fatto di un tour europeo scalcagnato, ma non privo di stimoli e sincero affetto dei fans, la costante dipendenza dall’eroina, le piccole cose quotidiane, ma sopratutto una straripante voglia di essere artista, di essere ascoltata e amata.
La sua voce, baritonale, lugubre ed evocativa, torna a cullarci prepotentemente e sulle note di “Janitor of Lunacy” o “All Tomorrow’s Parties” riscopriamo una donna tormentata che chiude nel cassetto dei ricordi Nico “chiamami col mio vero nome: Christa” dice al suo manager, per tornare ad essere se stessa e scendere a patti con una vita diversa che le sfugge, con un talento animalesco che non l’ha mai abbandonata.
In questo film, scarno ed essenziale, Nico non cede, non inciampa, ma vive, combatte e si trasfigura attraverso quegli occhi grandi tendendoci la mano perchè le sue tenebre sono anche le nostre.