Il brand Subsonica presenta la sua nuova collezione autunno/inverno 2018.

Era la primavera del 2000 quando un mio caro amico mi passò un cd con in copertina una ragazza che impugna una pistola ordinandomi di metterlo nel lettore”…Fui immediatamente affascinato da quella combo originale (per lo meno per chi come il sottoscritto era cresciuto a pane e rock anni 60/70) di alternative rock, electro-dance e trip hop con contaminazioni reggae e hip hop.
Da allora seguirono decine e decine di concerti, vere e proprie orge catartiche, e una stima affettuosa per i 5 ragazzi di Torino.
Ora, dopo aver pubblicato complessivamente 7 lavori durante la loro carriera ultraventennale, cosa resta di quella piccola bottega avviata all’ombra dei Murazzi e divenuta ben presto una maison di primo livello nel panorama italiano ?
Di certo si è persa inevitabilmente la magia di quella scena musicale che i Subsonica hanno costruito in prima linea al fianco di Afterhours, Verdena, Linea 77, Bluvertigo etc. e che regalò all’inizio del millennio pagine meravigliose della nostra storia musicale come il Tora Tora e alla quale la nuova generazione indie italpop, che sta resuscitando sorprendentemente dopo anni di buio, deve solamente guardare con rispetto !
Ciò che però si temeva potesse essere persa per sempre (e i critici, spesso prevenuti, verso Casacci & C. ne celebravano già  da tempo il de profunidis!) era la qualità  della loro stoffa, in particolare dopo che un album musicalmente potentissimo come “L’Eclissi”, a forte matrice elettronica e per certi versi premonitore del vuoto che sarebbe esploso da lì a poco nel nostro povero belpaese, fu seguito da una prova interlocutoria come “Eden” e da un lavoro addirittura scadente e fuori fuoco come “Una nave in una foresta”.

Pronto quindi l’abito per la cerimonia funebre ?
Bene, rimettetelo pure al suo posto”…Almeno per questo giro perchè “8” mostra una band viva e vegeta che comunque sia dovrà  decidere quale business plan adottare per il futuro prossimo.
Tanto per chiarire, l’album vanta una pulizia sonora encomiabile grazie ad un mixaggio realizzato a Londra e affidato ad una giovanissima engineer e producer italiana, Marta Sologni, che ha lavorato per nomi del calibro di Frank Ocean, The XX, FKA Twigs e ha mixato niente di meno che l’ultimo disco di Bjork.
La presentazione inoltre del primo singolo “Bottiglie Rotte”, costruito su un incalzante giro di basso dal sapore mancuniano di Vicio, decorato da precisi riff di chitarra alla Daft Punk di Max e che esplode in un ritornello in puro stile Subsonica modalità  “Nuova Ossessione”, rilasciava segnali incoraggianti.
All’ascolto poi complessivo dell’intera opera appare chiaro come la stessa possa essere divisa da una netta linea di demarcazione.
Le prime 6 tracce sono infatti da ritenersi un vero e proprio omaggio alla loro storia musicale, come loro stessi hanno tenuto a precisare (che si chiami riconoscenza per i propri fans o semplicemente paraculaggine, scegliete voi!). Vengono riprese quindi sonorità  big beat anni 90 grazie ad una prima traccia, “Jolly Roger”, la cui sezione ritmica ammicca a “Non identificato” e “Onde quadre” dell’album di esordio allo scopo di celebrare la figura eroica del Dj  (Batti Jolly Roger/la notte è sopra un mixer/il cielo in una stanza qui non ci entrerà  mai/Balli col computer/rispondi come un geyser/l’estate sta finendo/tu non te ne accorgi mai) e ribadendo sulla scia finale del brano una consapevolezza identitaria con un ossessivo e adesso siamo qui.
C’è poi “L’incubo” dall’andamento funkeggiante in cui il cantato sinuoso di Samuel ben si mixa al flow dell’unico feauturing dell’album, ovvero quel Willie Peyote, concittadino dei nostri e nuovo esponente di un certo tipo di rap alternativo ai canoni usuali italiani (in questo caso si sarebbe però francamente potuto ottenere qualcosa in più se si fosse dato maggior spazio di azione a quest’ultimo).
“Punto Critico” invece vuole rendere onore dal punto di vista sonoro ai fratelli chimici di “Out of Control” e riassumere in maniera efficace con un ritornello che ricorda “Microchip Emozionale”, vizi, ossessioni e controsensi degli ultimi anni italiani
Abbiamo poi “Fenice” che sembra la perfetta versione 2.0 di “Liberi Tutti” e una “Respirare” che riprende le atmosfere dilatate di “Sole Silenzioso” e l’immediatezza pop del Samuel solistico di “Vedrai” (a proposito, preparatevi ad ascoltarla per i prossimi mesi in tutte le stazioni radiofoniche!).

Fin qui quindi tutto bene, con un piccolo particolare e cioè che tutto quanto si è ascoltato ha il sapore amore del dèjà  vu !
Il secondo lato del disco lo troviamo invece più stimolante e, uscendo quindi da un efficace ma pericoloso autocitazionismo (seppur di qualità ), dobbiamo sperare che per le prossime uscite l’intenzione sia quella di ripartire da una base di brani ad alto e maturo livello compositivo come “Le Onde” (commuovente omaggio all’amico e produttore Carlo Rossi da poco scomparso e che strizza l’occhio ai Radiohead di Kid A), “L’incredibile performance di un uomo morto” (una malinconica cavalcata alla Royksopp) e “Nuove Radici” (un basso ipnotico che si intreccia a sonorità  afro con una chiusura rockeggiante da Stone Roses lisergici).

Lasciamo quindi sconsolatamente ma coscientemente alle nuove leve il compito di saltare sotto il palco al grido di Su le mani!!! (perchè forse non lo sai che quei giorni non tornano più? esclamavano in una nostalgica “Nei nostri luoghi”) ma rallegriamoci del fatto che Samuel, Boosta, Max, Ninja e Vicio, nonostante presunti scioglimenti e progetti solistici vari, insieme hanno ancora qualcosa da dire in maniera dignitosa.