Lo scorso maggio Frank Turner ha pubblicato, via Xtra Mile Recordings, il suo settimo album, “Be More Kind”: il nuovo disco ha portato alcuni cambiamenti nel sound del musicista inglese ed è riuscito a ottenere importanti consensi sia dalla critica che dal pubblico. Tra pochi giorni Frank sarà in Italia per due date a supporto della sua fatica più recente (venerdì 2 novembre alla Largo Venue di Roma e sabato 3 alla Zona Roveri di Bologna) e noi di Indieforbunnies.com abbiamo approfittato di questa occasione per contattarlo via mail e parlare del nuovo LP, delle influenze, degli Stati Uniti e del suo festival “Lost Evenings”. Ecco cosa ci ha raccontato il gentilissimo musicista nativo del Bahrain, che ha risposto alle nostre domande in meno di mezza giornata:
Ciao Frank, benvenuto sulle pagine di Indieforbunnies.com. Tra pochi giorni suonerai a Roma e Bologna. Sei contento di tornare in Italia? Che cosa ti aspetti dai tuoi concerti nel nostro paese?
Sì, sono molto contento di ritornare, è da un po’ di tempo che non passiamo da qui. Ci ho messo parecchio a iniziare a venire a suonare in Italia, così adesso mi piace molto tornare da voi più spesso e costruire una fanbase. Gli show sono sempre divertenti e il cibo è la cosa migliore!
Mi piace molto il tuo nuovo album e in particolare amo il suo titolo, “Be More Kind”. So che proviene da una poesia di Clive James. Come mai hai sentito il bisogno di dare al tuo disco un titolo così bello? Era un messaggio che volevi dare ai tuoi fan e a chiunque altro avesse voluto ascoltare il tuo disco?
Quando ho letto la poesia di James sono rimasto completamente colpito da quella riga in particolare e mi ha catturato per lungo tempo, così naturalmente è diventata una canzone. Poi quella canzone ha illuminato in un certo senso la strada per il resto dell’album e mi è sembrato corretto usarla come titolo di tutto il progetto. Di solito sono un po’ diffidente nei confronti degli artisti che mandano messaggi di per sè, ma suppongo che questo sia il caso giusto. Di sicuro è l’essenza generale della mia discussione.
Un’altra canzone molto importante per me è “Make America Great Again”: il tuo messaggio non ha nulla a che vedere con quello di Donald Trump, invece tu credi veramente nei vecchi grandi valori americani come la compassione e la tolleranza. Hai suonato (e continui a suonare anche adesso) molto spesso negli Stati Uniti: credi che l’America possa tornare di nuovo grande, se seguirà i suoi vecchi veri valori? Voglio dire, la maggior parte delle persone (grazie a Dio) non amano Donald Trump e le sue convinzioni, quindi spero che qualcosa possa cambiare per il meglio. Sei d’accordo? (Complimenti per il tuo fantastico video!)
In realtà credo che l’America sia già grande come è ora. Questo è il motivo per cui così tante persone provenienti da tutte le parti del mondo cercano di arrivarci. E credo che le basi del sistema politico americano si dimostrino sagge e (speriamo) durature. Trovo Trump piuttosto incomprensibile e certamente deprimente, ma spero che sia un’anomalia, non un cambio permanente nel carattere americano. Credo che lo scopriremo. Certamente bisogna fare una distinzione tra il governo e il popolo di un paese. Non smetterò di andare a suonare negli Stati Uniti a causa di Trump.
“There She Is” è una canzone d’amore: forse è solo la mia cattiva memoria, ma non riesco a ricordarmi di una tua love-song. E’ un segno che sei più sereno ora che hai una nuova relazione sentimentale? (Scusami per la domanda “gossip” ““ sono molto contento di vedere le foto tue con Jessica felici su Instagram).
Ahah, sì, le cose sono diverse per me ora. In una maniera eccellente. Scrivere una canzone d’amore felice per me è stata una cosa rara, così è stato divertente esplorare quella strada creativa. Siamo molto felici.
A livello sonoro ci sono stati alcuni cambiamenti su “Be More Kind”: il violino sulla title-track, i synth su “Blackout”, le influenze soul su “Brave Face” sono solo alcuni esempi. Hai detto che volevi uscire dalla tua comfort-zone: è stato difficile per te riuscire a realizzare ciò? Quali sono stati i principali cambiamenti rispetto ai lavori precedenti, secondo la tua opinione?
Volevo spingere me stesso (su nuovi territori). Ciò comportava molte sfide, ma in un certo senso credo che fosse necessario. In generale cerco di non ripetermi, ma per il mio settimo album ero consapevole che avrei dovuto fare dei cambiamenti radicali, solo per mantenerlo fresco e interessante per me stesso. C’erano molto cose tecnologiche che risultavano assolutamente nuove per me. Credo che il principale cambiamento sia stato il fatto che abbiamo lavorato su tutti gli arrangiamenti in studio, abbiamo fatto crescere le canzoni lì, invece che arrivare con delle idee già completamente formate. Per me è stata una cosa nuova e molto liberatoria.
Per “Be More Kind” hai lavorato con gli ex White Denim Austin Jenkins e Joshua Block e anche con Charlie Hugall (Florence & The Machine): hanno portato qualcosa di fresco al tuo sound? Che cosa hai imparato da loro?
Insieme abbiamo costruito una grande squadra per questo album. Austin e Josh sono geni a tutto tondo, sono stati contenti e capaci di aiutarmi su ogni idea che avevo, non importa quanto strana potesse essere. Ciò mi ha veramente aiutato a pensare in grande per questo disco. Poi Charlie ha fatto davvero un ottimo lavoro mettendo insieme tutto quel materiale così diverso, riuscendo a far sembrare il disco coerente.
Quali sono state le tue principali influenze musicali per “Be More Kind”?
Ovviamente ce ne sono state parecchie. Credo che la principale siano stati gli Arkells, una band canadese con cui siamo stati molto spesso in tour di recente.
Durante i tuoi concerti suoni spesso “Somebody To Love” dei Queen: che significato ha per te quella canzone? Hai un ricordo particolare legato a essa?
Amo quella canzone. Sono un grande fan dei Queen (ovviamente) e credo che quella sia una delle migliori di Freddie. E’ una canzone scritta molto bene, contiene gioia e dolore in egual misura. La suonavamo come full-band ed è molto divertente. Suonarla al Reading Festival nel 2013 (credo) è stato fantastico, è stata una bella sorpresa per il pubblico.
Che cosa ci puoi raccontare del tuo festival, “Lost Evenings”, che si tiene alla Camden Roundhouse di Londra? Da dove è venuta questa idea? E’ stato difficile gestire il booking di tutte le band e organizzare tutto il resto?
Volevo organizzare una specie di festival, ma non volevo farlo all’aperto, in un campo o da qualche altra parte. Qualcuno è arrivato con l’idea di farlo all’interno di una grande venue in una città e siamo partiti da lì. Il primo anno è stato una specie di esperimento, ma è andato veramente molto bene, così ora abbiamo deciso di renderlo qualcosa di annuale. Gestire il booking e organizzarlo sono cose per cui la mia crew lavora molto duramente, io principalmente gli dò delle idee. Loro sono fantastici.
Ho visto che realizzi la tua musica in vinile: cosa pensi di questo formato che è ritornato ancora in grande auge dopo parecchi anni? Ti piace?
Il vinile è bello, anche se non mi preoccupo particolarmente dei formati. Se la gente ama il vinile (e a parecchi piace), allora noi produciamo il vinile.
Hai qualche nuovo musicista o band interessante da suggerire ai nostri lettori?
Bad Cop Bad Cop, Xylaroo, Pup, The Homeless Gospel Choir, Girli… Tanti.
Un’ultima domanda: per piacere puoi scegliere una tua canzone, vecchia o nuova, da utilizzare come colonna sonora di questa nostra intervista?
Credo che sia giusto scegliere “Be More Kind”.