Il brano con il quale conobbi i Twenty One Pilots fu “Ode to Sleep” e devo dire che ne restai colpito, il video con la loro esibizione unito ad una strana costruzione del pezzo, che univa rap e melodia pop, avevano decisamente catturato la mia attenzione.

“Regional at Best” fini con il diventare uno dei lavori del 2011 che ascoltai di più, e anche nella scrittura dei testi trovai una buona capacità  di combinare ermetismo e tensione formativa. La cosa che più apprezzavo di loro erano la difficoltà  nel riuscire ad inquadrare lo stile e i riferimenti della band, la capacità  di spiazzare in ogni brano, le qualità  vocali  del cantante, tastierista e bassista Tyler Joseph, capace di ottime interpretazioni che andavano dal falsetto ad un’attitudine da rapper, come dimostra in diversi brani, tra tutti “Car Radio”.

L’uscita di “Vessel” nel 2013 non aggiunse molto, anche perchè in gran parte erano presenti i brani già  pubblicati precedentemente, ma comunque consolidò il loro nome e seguito ampliando il numero dei fans.

Poi è arrivato “Blurryface” che ha dato loro il pieno successo internazionale, in particolare il singolo  “Stressed Out”  li ha resi famosi anche in Italia, e l’ottima qualità  generale dell’album ha permesso loro di raccogliere premi di ogni tipo e concerti sold-out. Dopo un grande successo fare un nuovo album è sempre parecchio complicato, aumentano le pressioni, le aspettative e spesso il risultato è insoddisfacente. Sinceramente anche io temevo l’uscita di questo nuovo lavoro “Trench”, soprattutto in considerazione che il singolo del 2016, “Heathens” realizzato per la colonna sonora di “Suicide Squad” non mi aveva proprio convinto.

Per realizzare questo nuovo lavoro si sono presi un attimo di completo isolamento, affiancati dal produttore Paul Meany, cantante dei Muthmath, che hanno poi rotto con l’uscita del primo singolo “Jumpsuit” e di “Nico and Niners”.

“Trench” mantiene tutte le caratteristiche del loro precedenti lavori, con la presenza di diversi stili dal rock al pop, all’elettropop, al reggae e forse scordo qualcosa, ma rispetto agli altri questo loro ultimo album ha alcune mancanze.

Come prima cosa sicuramente manca l’effetto sorpresa, l’ascolto ci propone una ricetta già  ascoltata e le differenze di stile tra i brani non rappresentano più una sorpresa, ma sono proprio quello che ci aspettavamo. Un secondo punto a sfavore è che l’album appare più cupo e meno ispirato degli altri, e molti brani perdono il confronto con i brani dei loro precedenti lavori.

Con questo non intendo certo dire che questo “Trench” sia insoddisfacente, resta comunque piacevole da ascoltare, ma sicuramente non è un passo in avanti rispetto a “Blurryface”. Dal punto di vista dei testi “Trench” appare ancora difficile da interpretare, essendo un album concettuale basato su un personaggio di fantasia, Clancy,  che in fuga dalla città  di Dema,  è inseguito dei padroni della città  The Nine Bishops.

L’interpretazione ci conduce verso una spiegazione simbolica, nella quale la fuga del protagonista altro non è che l’unica possibilità  di salvarsi dalle paure e dalla depressione.

L’album si apre con “Jumpsuit” che ha una dimensione rock, con una buona linea di basso, seguita da “Levitate” con un rap convincente. “My Blood” è un brano decisamente pop così come “Chlorine”, bel brano con ottima linea melodica e inserzione rap, e così via, avanti brano dopo brano con stili diversi ma senza sorprendere piu di tanto.

Tra i miei brani preferiti cito “The Hype”, “Nico and the Niners” con il suo andamento reggae, e “Legend” piacevole  con il falsetto di Tyler Joseph che padroneggia.   “Trench” è un album che non deluderà  i fans e, anche se meno brillante dei loro precedenti lavori, resta comunque interessante e piacevole da ascoltare.