Tra le varie tappe del tour europeo di Alela Diane c’è Bordeaux, e più precisamente il vertiginoso Rocher de Palmer. Il teatro vanta un grande palco, decorato con finezza e parsimonia per la serata, posti a sedere a perdita d’occhio ed un soffitto esageratamente alto. L’immensa sala manca probabilmente d’intimità , ma è la sua capienza a faire l’affaire.
Per la tournèe di “Cusp”, Alela Diane decide di farsi accompagnare da Heather Woods Broderick. è lei l’artista d’apertura dello show e francamente mai scelta fu più appropriata. Oltre ad essere un’abilissima polistrumentista, la favolosa Broderick è anche una cantante dalla voce profonda e frastagliata. Fedele spalla di artiste del calibro di Sharon Van Etten, Lisa Hannigan e Laura Gibson, Broderick non ha, purtroppo, mai ottenuto il riconoscimento che merita.
La musicista sale sul palco con borraccia alla mano, si sistema tranquillamente ed inizia ad accordare la chitarra mentre saluta il pubblico. Fin dal primo istante la voce di Broderick suona come le coste dell’Oregon che le sono tanto care. Un soffio di vento che riesce a trovare uno spiraglio per attraversare le affilate rocce delle scogliere. L’artista si racconta e canta delle cose che le sono care. Confessa candidamente alla platea un’amore incondizionato per la sua terra, il suo Oregon tanto bello quanto piovoso. I giorni di pioggia sono un toccasana, sono necessari ai musicisti, dice. Durante le giornate piovose si passa molto tempo in casa e si dà spazio alle note e all’immaginazione. Poi aggiunge sorridendo: In questo senso l’Oregon è perfetto!
Broderick alterna piano e chitarra cantando, talvolta sussurrando, parole d’amore per gli spazi aperti, la libertà , gli uccelli ed i leoni marini che incontra durante le sue passeggiate rituali in riva al mare. Il pubblico è completamente stregato e l’incanto che avvolge il teatro s’infrange giusto il tempo di un rapido cambio di scena.
Una volta redisposti gli strumenti, Alela Diane non fa attendere molto i fan prima di emergere sul palco, accompagnata dalla stessa Broderick e da un’altra musicista. Un trio di artiste dagli abiti coordinati, i cui tessuti scintillano pallidamente. Diane stringe tra le mani una tazza fumante che posa compostamente sul tavolino di fianco al pianoforte. Poi raggiunge il microfono e, dopo un paio di colpi di tosse, intona le prime note di “Albatross”.
Se “Cusp” è l’album della maternità , “Albatross” è di sicuro la canzone che racconta al meglio la sensazione di separazione e lontananza che prova una madre alla vigilia di un lungo viaggio. Diane narra, così, una storia di smarrimento intima e personale, un turbamento provocato dall’idea di dover lasciare la figlia da sola per la prima volta. Come un albatross che guarda sempre indietro alla terra ferma che si è lasciato alle spalle, la cantante pensa alla figlia lasciata a casa e racconta quella sensazione potentissima, che oscura tutti gli altri sentimenti con una forza travolgente. Il pubblico accoglie calorosamente quel primo brano e Diane lo ringrazia aggiungendo: Bonsoir Bordeaux! It’s been a while!
Seguono “The Threshold” e “Never Easy”. “Bowling Green”, un classico brano del repertorio country, è interpretato a meraviglia dalla cantante e dalle musiciste che l’accompagnano. Diane racconta di essere particolarmente affezionata a questa canzone perchè le ricorda la sua infanzia ed i tempi in cui erano i suoi genitori ad esibirsi ed a cantarla ai festival bluegrass.
Degna di nota è l’esecuzione di “Clickity Clack” che vede le tre musiciste presenti sul palco infilare una dietro l’altra quelle onomatopee, tante piccole perle sonore che, pian piano, unendosi, si trasformano in un tutt’uno trionfante, una meravigliosa collana d’armonie delicate.
Cristalline e magnifiche, “Lady Divine” ed “Ether and Wood” ci trasportano in una nicchia morbida, un’alcova eterea fatta di nostalgia ed attesa.
“à‰migrè” viene introdotta da una Diane apertamente politicizzata che si scusa per la presenza di Trump sul territorio francese (in occasione della celebrazione del Centenario dell’armistizio della Grande Guerra). La cantante sottolinea quanto il concetto di confini sia qualcosa di cruciale nella battaglia politica del mondo moderno. Placidamente ammette di aver scritto il brano per schierarsi dalla parte delle vittime di questo fenomeno. “à‰migrè” è per tutti quegli esseri umani costretti ad emigrare ed a lasciarsi tutto alle spalle.
Lo show si conclude con una Diane sorridente che invita il pubblico ad alzarsi in piedi ed a cantare con lei quell’ultima canzone. Il battimani su “The Pirate’s Gospel” parte spontaneo e frizzante ed il Rocher de Palmer prende il largo per un ultimo viaggio riempendosi di scintille e di calorosi yo ho yo ho.