Quando parliamo dei Deep Cut è bene chiarire chi c’è dietro a questa sigla. In primis il sempre grande e mai troppo lodato Mat Flint, già membro di Revolver e Death In Vegas. Facciamo questa precisazione per dire che, in un simile progetto, c’è la mente di un artista che ha fatto comunque una grandissima gavetta e che ha, nel suo bagaglio muscale, una perfetta conoscenza degli anni ’90 così come la capacità di essere decisamente eclettico. A completare la band troviamo suo fratello Simon e la moglie Emma, dalla voce assololutamente ipnotica)
Il nuovo album dei Deep Cut si chiama “Different Planet” e, pur partendo da una base shoegaze, si muove agilmente e con estrema disnvoltura in territori variegati, senza, per questi, risultare disomogeneo o spezzettato, anzi, a mio avviso si dimostra decisamente a fuoco e molto più interessante di quello che ad esempio è stato il disco “di ritorno” dei Ride, che hanno cercato di uscire dagli schemi consolidati del loro suono più classico, ma con risultati mediocri. Per smarcarsi dal passato in modo importante e senza fare passi titubanti come quelli di Gardener e soci ci vuole unità di spirito e d’intenti, l’idea chiara di giocarsela su più fronti e un songwriting ispirato: tutto quello che accade per i Deep Cut.
Tanto magnificamente debitori dei ’90 (“Swimming Against The Tide”, con un lavoro ritmico e chitarristico sublime), quanto capaci di guardare con affetto e dovozione ai ’60s (i Byrds fanno capolino in “No”, ma sempre in una veste “contaminata”), i Deep Cut piazzano gioielli melodici rigogliosi come “The Last Goodbye”, che entra immediatamente in circolo, così come non hanno paura a sporcarsi le mani con il krautrock in “Alarm Button”. Tutto fatto bene, tutto sapientemente mescolato, perchè le loro origini non mancano mai ma la cosa bella è vengono fatte deviare in sentieri in cui abbeverarsi ad altre fonti è puro arricchimento sonoro. La scuola Death In Vegas emerge in “Spiralling” ma non crediate che anche qui Mat non si ricordi di cosa vuol dire sporcare il suono o rendere eteree le voci. Chiude il bra no omonimo che pare uscire dalla penna dei Big Pink più ispirati e in vena di popedelia.
Signori e signore Mat Flint ha fatto ancora un centro perfetto! Per me è un 8 pieno!