I Piroshka sono un supergruppo che comprende Miki Berenyi, cantante delle Lush, KJ McKillop dei Moose, Justin Welch degli Elastica e Michael Conroy dei Modern English. Formatosi dopo che la band principale della frontwoman aveva terminato il suo tour di reunion, questo nuovo gruppo ha preso tutto il tempo possibile per registrare il suo debutto, “Brickbat”, con calma: l’album uscirà venerdì 15 febbraio e noi di Indieforbunnies.com il mese scorso abbiamo approfittato di questa occasione per scambiare due chiacchiere al telefono con Miki e farci raccontare della formazione della band, del disco, delle influenze e anche della loro etichetta, la Bella Union di Simon Raymonde. Ecco cosa ci ha raccontato:
Ciao Miki, grazie mille per il tempo che ci stai mettendo a disposizione. Benvenuta sulle pagine di Indieforbunnies.com. Il vostro nuovo progetto, i Piroshka, si puo’ definire come supergruppo. Ci puoi raccontare come e nato? Come vi siete incontrati? Da dove viene il nome della vostra band?
Fondamentalmente ci siamo incontrati perchè io e KJ McKillop siamo una coppia da oltre venti anni. Questa è stata la parte più facile. Justin Welch lo conosco dagli anni ’90, quando suonava negli Elastica, e anche Michael Conroy l’avevo già incontrato negli anni ’90. Michael aveva suonato anche nei Moose negli anni ’90. Ognuno di noi si consceva già . Tutto è successo quando abbiamo fatto la reunion delle Lush nel 2016: Justin suonava la batteria con noi e; per l’ultimo concerto che abbiamo fatto, Michael suonò il basso. Per questo show avevamo provato solo io, Justin e Mick perchè Emma non ha potuto per parecchio tempo. Noi tre ci siamo trovati molto bene insieme. Dopo la fine del tour delle Lush abbiamo lasciato una porta aperta, ci sarebbe piaciuto fare qualcosa. Justin mi mandò qualche canzone lo scorso Natale. Viviamo tutti in luoghi diversi del paese, quindi non ci possiamo vedere tutti i weekend per provare, ci mandiamo l’uno con l’altro i file delle canzoni, ci lavoriamo e pian piano abbiamo registrato dei demo e poi, pezzo per pezzo, siamo arrivati a creare un album. Non c’erano grandi programmi all’inizio, lavoravamo settimana dopo settimana e guardavamo come andava. Per quanto riguarda il nome, tutti hanno continuato a mandare nomi. E’ un momento terribile per una band quando devi decidere che nome prendere, proprio come per i titoli degli album. Fai una lista con dei suggerimenti e poi gli altri ti guardano come se tu fossi pazza. (ridiamo) E’ qualcosa di imbarazzante: tu pensi di aver trovato un nome fantastico e poi gli altri ti dicono che andrebbe bene per una band heavy-metal. Abbiamo fatto numerose liste di nomi, ma credo che, guardando Myspace e Bancamp, ogni parola della lingua inglese sia stata già utilizzata. Se trovavo un’idea, poi quasi sicuramente c’era un’altra band in Svezia con lo stesso nome. Io sono mezza ungherese e ho trovato questa parola che non credo sia stata usata da nessun altro gruppo.
Parliamo del vostro primo album, “Brickbat”, che uscirà a metà febbraio: per prima cosa posso chiederti se c’è un significato particolare dietro a questo nome?
Brick è un mattone, ma se lo lanci come un missile allora diventa brickbat. E’ come usare una pietra o qualcosa del genere come arma, ma puo’ anche essere inserito in un contesto politico. Inoltre proviene anche dall’artwork, che è stato creato da Chris Bigg della 23 Envelope. Io e Mick lo conoscevamo da parecchio tempo e ci è sembrato logico chiamarlo. Il suo lavoro ci ha ispirato in qualche modo. Fondamentalmente volevamo dare l’idea di un significato aggressivo.
Parlando, invece, dei vostri testi, ci puoi raccontare di cosa parlano? Da dove avete preso l’ispirazione, mentre li stavate scrivendo?
Quando ero nelle Lush scrivevamo in modo separato, così io avevo le mie canzoni ed Emma aveva le sue, era qualcosa di separato. Qui è stato diverso, ognuno ha dato il suo contributo. Alcuni testi sono stati scritti da me, altri sono stati iniziati da Justin, è stato qualcosa di molto più collaborativo. I nostri testi non sono troppo politici, non sono un manifesto, sono più una risposta personale verso le cose che stanno succedendo in giro per il mondo. Rappresentano una sorta di relazione tra l’aspetto personale e quello politico.
Ho letto che, dopo le Lush, questa è stata la tua prima esperienza in un’altra band: eri preoccupata di ciò? Quale è stata la tua reazione?
Ho contribuito ad altri progetti, ma non ho mai fatto un disco completo come mi succedeva quando suonavo nelle Lush. Con KJ McKillop siamo una coppia da venti anni e la gente ci diceva: “quando fate un disco insieme?” E ciò non è mai accaduto. Quando le Lush si sono nuovamente fermate, Justin mi ha chiesto se avrei fatto qualcosa di nuovo e ha detto che sarebbe stato felice di farne parte. Non avevo la forza per dirigere un nuovo progetto, quindi doveva essere qualcosa di nuovo e di diverso dalle Lush in un certo senso. Era proprio ciò di cui avevo bisogno.
Quindi sei contenta del vostro album e del lavoro fatto con questa nuova band?
Sì. E’ strano iniziare qualcosa quando hai cinquanta anni. (ridiamo) Però dà una qualità diversa, ora è una cosa molto più aperta rispetto a quando abbiamo iniziato le Lush, non ci sono così tanti ego, le persone sono più tranquille. Non influenza la tua identità allo stesso modo di quando eri giovane. Non è più il tuo momento, è accettare questo momento. Essere creativi nella seconda parte della vita è qualcosa di cui godere.
Il vostro disco uscirà per la Bella Union: ti posso chiedere come è nata la vostra collaborazione?
E’ una cosa piuttosto divertente. Quando abbiamo iniziato a lavorare su questo nuovo gruppo siamo rimasti piuttosto silenziosi. Non volevamo che ci fossero persone intorno che volessero sapere cosa stavamo facendo. Non volevamo fare molto rumore prima che diventasse effettivamente qualcosa. Se devo essere sincera, non sapevamo cosa sarebbe successo, una volta che avremmo registrato la nostra musica. Ho contattato Simon (Raymonde) di Bella Union e gli ho chiesto di ascoltare le nostre canzoni e di darci qualche suggerimento. Non avevo pensato nemmeno per un minuto che lui le volesse pubblicare e, invece, lui ci ha detto che voleva realizzarle. C’è un’atmosfera famigliare, ci ha fatto usare il suo studio e poi Paul Gregory si è occupato del mixing del nostro disco. Ci ha messo a disposizione delle persone per aiutarci, altrimenti noi avremmo dovuto fare un crowdfunding. E’ stato tutto molto più semplice con il suo aiuto. E’ veramente molto bello lavorare insieme a Simon.
Posso chiederti se siete rimasti soddisfatti del lavoro di Paul Gregory, che suona in una delle mie band preferite, i Lanterns On The Lake?
E’ stato molto gentile. A dire il vero non ci siamo mai incontrati, abbiamo fatto tutto via e-mail e via internet. (ride) Penso che abbia fatto un ottimo lavoro. Prima che entrassimo in contatto abbia fatto mixare solo una canzone da Alan Moulder (“You’re Next). Poi Simon ci ha suggerito di lavorare con Paul. Ci è sembrato essere una persona davvero gentile.
Il vostro disco non è shoegaze, non è punk, fa uso di synth e vi sono anche gli archi. Come definiresti il sound del vostro disco?
Non lo so. Faccio fatica a essere obiettiva riguardo alla mia musica. Credo che possa essere poppy, ma pop significa molte cose diverse per le persone. E’ un po’ poppy, un po’ punky, ma la cosa che più mi piace è che ha tanta energia. Quando hai cinquanta anni e pubblichi un disco che ha un certo ritmo e una certa energia, per me è una cosa parecchio piacevole perchè credo che sia parecchio inusuale e mi piace pensare che il nostro entusiasmo venga catturato nelle canzoni. Non saprei, però, quale aggettivo usare. Questo, però, è il tuo mestiere! (ridiamo)
Parlando dell’ultima canzone dell’album, “She’s Unreal”, credo che sia la canzone più shoegaze. Che cosa ne pensi? Ti trovi d’accordo con questa affermazione?
Sì, probabilmente. Mick suonava il basso nei Modern English, ma con quello strumento non era necessariamente così legato alla sua band nel modo in cui suonava, ma per noi altri era diverso: per Justin era ovvio come suonare la batteria o per noi le chitarre. “She’s Unreal” era stata cominciata proprio da Justin con parti di batteria, poi sono state aggiunte parti di chitarra molto stratificate e penso che provenga da ciò il motivo per cui parliamo di influenza shoegaze. Credo che sia la canzone con più chitarre su questo disco, i vocals, invece, sono stati aggiunti solo alla fine.
Posso chiederti quali sono state le vostre principali influenze musicali? Avete preso delle influenze anche dalle vostre band precedenti?
Non lo so. Conosco persone che sono molte influenzate solo da un certo tipo di musica. Io non sono una di quelle persone che conosce ogni singolo album per ogni artista. Ascolto ogni genere di musica. Per i Piroshka non volevo scrivere nello stesso modo in cui scrivevo quando ero nelle Lush, quindi ho cercato di scrivere in una maniera diversa. Non credo che diventerò improvvisamente una cantante o una songwriter totalmente diversa da quello che ero prima, ma penso che l’aspetto collaborativo, che mi ha portato a mettere nelle canzoni parti scritte da altre persone, ci abbia permesso di creare qualcosa di diverso da ciò che facevamo prima.
In primavera sarete in tour nel Regno Unito e in Europa: che cosa vi aspettate da questi concerti? Ci sarà la possibilità di vedervi qui in Italia nel corso del 2019?
Mentre provavamo ci siamo accorti che sarabbe stato un peccato non avere le tastiere e i backing vocals live, così abbiamo aggiunto un paio di persone alla nostra formazione live, ora siamo in sei. Penso che ci divertiremo. Abbiamo aggiunto Sharon Mew, la moglie di Justin, che suonava anche lei negli Elastica, e Sukie Smith dei Madam. E’ bello che ci sia anche qualche altra donna. Per ora abbiamo fatto solo un concerto, in novembre al Lexington qui a Londra. Spero che suoneremo anche in Italia, ma il problema principale è la Brexit perchè non si capisce come finirà . (ridiamo)
Un’ultima domanda: per favore puoi scegliere una delle vostre canzoni da utilizzare come soundtrack di questa nostra intervista?
Cosa ne dici di “Blameless”?
Ottimo. Grazie mille.
Grazie a te.