Dopo una manciata di singoli e un omonimo EP, uscito nel lontano 2014, i Balms arrivano all’atteso esordio sulla lunga distanza, pubblicato da pochi giorni e registato a The Atomic Garden a East Palo Alto, California da Jack Shirley.
Dalle atmosfere piuttosto cupe, il lungo album del trio di San Francisco (la durata supera di poco l’ora) cerca di recuperare le sonorità grunge anni ’90 per aggiungere una maggiore intensità strumentale al suo dream-pop / shoegaze, dimostrando comunque coraggio nei propri mezzi con nove degli undici brani presenti che superano i cinque minuti di durata.
La cattiveria e la grinta di “Dark Rider” sono un buon biglietto da visita per la band californiana: nonostante questa durezza e una sensazione piuttosto scura che la attraversa, i vocals diventano più dreamy nella seconda parte della traccia, regalando ottime sensazioni.
Molto belli i cori nella title-track “Mirror”, dove si puo’ trovare un leggero spiraglio di speranza in mezzo a tutto questo buio e a una potenza strumentale piuttosto dura (in particolar modo nel drumming, qui veramente deciso).
“Bones” mostra influenze shoegaze all’interno della sua dolorosa atmosfera, mentre la conclusiva “Setting Sun” si costruisce e sale con calma per cercare di trasmettere forti emozioni.
“Mirror” è un esordio che convince e, nonostante il suo grande lato oscuro e il suo andamento pesante, riesce comunque a generare delle sensazioni capaci di trasportarci verso paesaggi sonori sognanti.