The Cure: dieci gemme che splendono ancora nella foresta.

Una top ten è cosa ardua e nulla esiste di più scabroso quando la si compila. I Cure, che ricordiamo saranno presenti al Firenze Rocks il 16 giugno, è roba che scotta, sono al contempo una delle band più venerate o mal conosciute della storia. O sai tutto o ti limiti a “Friday I’m in Love”, “Lullaby” e “Boys Don’t Cry”. Ecco, io ho cercato di fare una mia personale classifica e Dio solo sa quanto m’è costato tener fuori brani come “Grinding Halt” o “Burn”.

1 – 10:15 SATURDAY NIGHT
1979, da “Three Imaginary Boys”

A dispetto della copertina dell’album, invero orrenda, i Cure si presentano così. Un pezzo ingenuo, ma perfetto, rozzamente registrato, ma attualissimo, pop, ma tremendamente malinconico.

2 – A FOREST
1980, da “Seventeen Seconds”

Robert Smith è cantore dark e interpreta a suo modo gli umori del periodo e del movimento oscuro, ma lo fa con la sua impronta. “A Forest” è oppressiva, ma illuminata.

3 – A STRANGE DAY
1982, da “Pornography”

Un giro di basso semplice e avvolgente così come la batteria e quella chitarra che si inerpica su quell’assolo liberatorio, ma squadrato e caratteristico.

4 – COLD
1982, da “Pornoghraphy”

Lugubre marcia, oppressiva e senza via d’uscita. Scarred, your back was turned, curled like an embryo. Robert canta disperatamente e ti seduce con la sua voce romantica e intensa.

5 – THE HANGING GARDEN
1982, da “Pornography”

Brano di rara tensione e dalle ritmiche serrate unito a un testo criptico e sinistro. “Hanging Garden” riflette appieno l’umore dell’album in questione, il più dark di tutta la discografia del Sig. Smith.

6 – IN BETWEEN DAYS
1985, da “The Head On The Door”

Irresistibile ballata con tastiere e voce in primo piano. Go on, go on and disappear. Go on, go on away from here è in mantra da ripetere all’infinito sulle chitarre melodiose di Porl Thompson.

7 – ICIN SUGAR
1987, da “Kiss Me Kiss Me Kiss Me”

Nulla conta se non quel giro di basso per il quale Gallup dovrebbe avere una strada o una piazza a suo nome, e quel sax che taglia in due l’aria.

8 – PLAINSONG
1989, da “Disintegration”

Probabilmente il mio pezzo preferito in assoluto. Ramantico, teso, oscuro, promettente, commovente e la voce di Robert in primo piano come un pianto. un diamante puro.

9 – THIS TWILIGHT GARDEN
1992, da “Wish”

Probabilmente il disco più dream pop dei Cure, denso di gemme come “From the Edge of the Deep Green Sea”, “A Letter to Elise” o “To Wish Impossible Things”, ma io scelgo una b-side. Un brano di una bellezza scintillante che ancora mi domando come abbia fatto a non essere inserito nel disco.

10 – UYEA SOUND
1993, da “Lost Wishes”

Una rarità . Quattro brani strumentali pubblicati su musicassetta subito dopo “Wish”. Quattro piccole perle da riscoprire, per sognare e lasciarsi cullare.