I Broken Social Scene c’hanno abituato ormai a uscite estemporanee, oltre a quelle “canoniche”, fatte di album in studio. Tra dischi solisti dei due leader Kevin Drew e Brendan Canning, raccolte di B-sides ed EP, non sono proprio capaci di starsene con le mani in mano.
D’altronde è nella natura stessa di questo insolito ma assolutamente straordinario ensemble canadese evolversi, mutare pelle, scambiarsi e confrontarsi (nei rispettivi progetti collaterali dei vari componenti), e soprattutto, alla luce di questo mini LP che segue di nemmeno due anni il precedente “Hug of Thunder”, produrre con molta continuità (ottima) musica.
Se con l’ultimo disco avevano però fatto attendere ben 7 anni, proprio perchè gli impegni solisti di questo collettivo (che ha compreso dall’anno del debut album ad oggi fino a un totale di 19 elementi) rallentano per forza di cosa una normale routine discografica “studio-pubblicazione-tour”, il breve lasso di tempo che lo separa invece da questo nuovo EP, lascia ben sperare per il futuro e testimonia il fatto come questa sigla sia ormai ben riconoscibile “a sè stante”.
Non solo, anche solo ascoltando i 5 pezzi (di cui il primo, “The Sweat Sea” è un breve e suggestivo strumentale) di “Let’s Try the After”, si può ben capire come da più parti siano considerati emblema di un certo indie pop-rock di qualità che ha segnato e caratterizzato il panorama musicale del nuovo millennio.
Meno sperimentali certo dei connazionali Arcade Fire ma sicuramente più a fuoco, nonostante il carattere di gruppo “aperto” che li contraddistingue, proseguono all’insegna di brani melodici il giusto ma senza il ritornello facile o l’arrangiamento che strizza l’occhio a ciò che maggiormente va per la maggiore dalle parti di Pitchfork.
Nonostante questo risultano assolutamente “catchy” in una canzone come “Boyfriends”, che si candida a singolo in grado di rinverdire i fasti del magistrale album “You Forgot It in People”, ed evocativi e malinconici in “Remember Me Young”.
L’episodio più particolare, per costruzione e struttura musicale, è “All I Want”, posto in chiusura ma a cui era capitato l’onere di riaccendere la luce sul gruppo, anticipando l’uscita dell’intero lavoro.
Non poteva mancare la calda, sensuale e magnetica voce di Feist, a impreziosire da par suo “1972”, un brano pop solare e accattivante, con un bell’arrangiamento in cui emergono con dolcezza i fiati, che qui si fanno spazio in mezzo a un basso calzante che delinea la struttura di tutto il pezzo.
Il fatto che nella dicitura del disco sia indicato “Vol.1” lascia presagire a breve un nuovo capitolo di questa saga musicale.
Nel frattempo i Broken Social Scene hanno confermato quanto siano capaci di volare ancora alti, in quanto a ispirazione e freschezza della proposta artistica.