di Camilla Bisi

L’ultima volta ho salutato i C’mon Tigre in una calda serata di luglio sulla spiaggia dell’Hana-Bi di Marina di Ravenna, un piccolo angolo che profuma di Mediterraneo e magia. Un concerto che riecheggia ancora nel cuore.
Li ritrovo, dopo cinque anni, in questa sera di fine febbraioper la tappa milanese di presentazione del loro ultimo lavoro “Racines”, uscito il 15 febbraio scorso.
Il palco è quello diSanteria Social Club, location bellissima dove respiri sempre boccate fresche di apertura internazionale e ti senti a casa.
Il tempo di una birra e l’attesa inizia a vibrare nell’aria. Sono da poco passate le 22 quando i C’mon Tigre, o meglio l’ensemble C’mon Tigre, entra in scena. Sul palco, oltre al duo stabile formato da Pietro (chitarra, cori, synth) e Marco (voce e synth), salgono Pasquale Mirra, Beppe Scardino, Marco Frattini e Mirko Cisilino, quattro dei musicisti che contribuiscono a comporre quest’anima fluida in continua espansione e mutamento. “C’mon Tigre are two people. C’mon Tigreare a collective of Souls“, si legge sul loro booklet.

La setlist di stasera è quasi interamente dedicata all’ultimo disco, “Racines”. Radici, in francese, titolo evocativo e non banale per il quotidiano baumaniamente liquido in cui siamo immersi e dove il rischio di sprofondareè alto. I C’mon Tigre ci offrono radici solide e intense a cui aggrapparciper iniziare un viaggio a 360 gradi. Si parte piano, il ritmo cresce lentamente, rapisce e travolge. Una danza armoniosa tra gli strumenti sul palco:synth, vibrafono, corno e tromba, sax, chitarra e batteria che entrano ed escono di scena, si scambiano i ruoli con simmetria e grazia disarmanti. “Gran Torino”, “Guide To The Poison Tasting” sensualissima ed erotica dove le parole taste e love vengono ripetute come un mantra;” 808″ dedicata al compianto Enrico Fontanelli degli Offlaga Disco Pax; “Underground Lovers”.
“Behold The Man”, “Quantum of the Air” e la title track scorrono e colpiscono. La sensazione è quella di un disco visionario, a tratti onirico, sicuramente carnale, che trasporta in universi multipli .
Si parte dal jazz, afrobeat, funk ma qualsiasi definizione o etichetta sarebbe un errore. La forza elettrizzante della sperimentazione è inarrestabile e colpisce ogni senso.
ll light design studiato per il tour,fatto di luci evocative che tagliano il palco con inquadrature cinematografiche; e il libro fotografico che vede coinvolti fotografi, pittori, streetartist e video maker, completano e consacrano la multidimensionalità  dell’universo C’mon Tigre.

Il concerto si chiude con “FederationTunisienne De Football” dal primo album.
Applausi, applausi e ancora applausi.