Altro giro, altro colore.

Se con il recentissimo album di cover (“Teal Album”) avevamo  scelto la via della sufficienza politica honoris causa, stavolta è francamente impossibile fare lo stesso.

E non ci si faccia ingannare nè dal titolo nè dalla copertina a tinte, appunto, nere: qua di scuro c’è ben poco, e anzi siamo di fronte ad un  pop dei più colorati. Che sembrerebbe pure una cosa positiva.

Di positivo, invero, in questo “Black Album” di Rivers Cuomo e soci c’è ben poco: ci troviamo al cospetto di una dance, world music, fusion delle più commerciali e lontana chilometri dagli agganci di chitarra distorta che li ha fatti amare a così tanti, roba che gli (attuali) Panic! At The Disco e The Killers sembrano davvero i Metallica a livello di mordente e carica. E anche gente come i Maroon 5  paiono in confronto  dotati di tale garra charrua che potrebbero fare gli stopper nell’Atletico Madrid di Simeone.

Se pensiamo poi  che questo capitolo era addirittura previsto per il Febbraio 2018, l’attesa avrebbe potuto far pensare che i Nostri si fossero presi il tempo giusto per calibrare, scegliere, arricchire, smussare… e invece.

Passino i tessuti sonici messicheggianti della già  diffusa “Can’t Knock the Hustle” o la pop-ballad malinconica “High as A Kite” che può riportare con la mente alla fine degli anni sessanta come fossero i  cuginetti dei (Gary Brooker, perdonami) Procol Harum, il resto è buono al massimo per la colonna sonora di qualche serie di lega minore su Netflix.

Inutile nascondersi, facile sbilanciarsi: questo ennesimo capitolo dei Weezer difficilmente soddisferà  anche il fan più accanito ed aperto alla divagazione più fine a sè e prende tutte le sembianze di un altro passo falso per Cuomo & company.

Si parla già  di un altro album pronto e per il quale siamo in attesa di ulteriori dettagli. Cosa dire: aspettiamo un altro colore, che è meglio.

Photo: Shawn Murphy