La cometa sta arrivando.
E stavolta sembra puntare la terra, o almeno è come se nella sua traiettoria ellittica abbia deciso di girare intorno al nostro pianeta; i nostri occhi sono in alto nel dubbio se questa lo stia minacciando, avvertendo, allertarlo o solo scrutarlo e codificarlo: e il suo nucleo, che dalle prime osservazioni pareva essere di sagoma triangolare, e la cui punta portava il nome di King Shabaka e del suo sax, adesso sembra davvero più schiacciato, con Betamax e le sue percussioni e le tastiere effettate di Danalogue che hanno ridotto le distanze dal vertice.
Di certo, è che i Comet is Coming il Pianeta Terra lo conosco benissimo, come se nei suoi grani ci fossero molecole già appartenute a questo mondo: King Shabaka ha nel DNA gente come Coltrane e Pharoah Sanders, Betamax e Danalogue pescano a pieni mani dall’ultimo secolo di batteria ed evoluioni elettroniche. Lo capiamo subito dal cinematico e trascendentale warm up di “Because The End Is Really The Beginning”, dagli impulsi di “Birth Of Creation” e dell’evocativa quanto incalzante “Summon The Fire”: il vertice del triangolo viene avvicinato da effetti e batteria, il sax di King Shabaka è una garanzia, forse meno splendente delle ultime uscite, ma più geometrico ed elaborato, laddove l’effettistica prende forza diventando a tratti ipnotica (“Astral Flying”, “Unity”) e le percussioni spaziano fino a ritmi più tribali come a tenere botta, colpo su colpo, all’incedere esplorativo (“Timewave Zero”).
Nel mezzo, Kate Tempest è l’unica voce, tra crooner e predicatrice, in “Blood Of The Past”, avanti fino al luminescente cerimoniale di congedo di “The Universe Wakes Up”.
Il viaggio intergalattico, multiforme, visionario ha portato chioma e coda della cometa a poche centinaia di kilometri dall’atmosfera: porta con sè il passato, ma è il futuro. Adesso c’è da capire se questa viene in pace, pronta a splendere iridescente sopra di noi, o si farà asteroide e punterà dritta al nostro pianeta, per spazzare via tutto quello che c’è stato finora.