Uno spazio diverso, ingombrante e pesante è quello dell’Auditorium Parco della Musica.

I contesti si intrecciano e rischiano di capovolgere delle idee sedimentate, ma proprio lì è il gioco e la scommessa di Mecna, non solo per la durata di questo concerto, ma per tutto il suo Blue Karaoke Tour.

Il live è un’onda che ribalta, sommerge e riempie la sala con grande abilità  e delicatezza. Il cubo, in cui lui si rifugia, è un meta-spazio in cui c’è tutto ciò che conta per esprimersi al meglio.

I pezzi, sul palco, assumono una naturalezza unica: Corrado dimostra di essere, prima che un grande artista, un ottimo storyteller.

Ogni movimento del corpo diventa parte di un racconto dettagliato, ogni istante è un ritratto simile a quelli scattati da Irving Penn, struggenti nella loro eccezionale quotidianità .

L’enorme potere evocativo di brani storici come “31/07″o di pezzi più freschi come “Ottobre Rosso”, si accende in scena tra luci, suoni e sensazioni, che oscillano come pendoli in abissi di ricordi e memorie.

Nel suo cubo di luce c’è l’idea di uno spazio aperto in cui è possibile incontrarsi, aprirsi, ritrovarsi. C’è perfino la possibilità  per noi di chiudere il cerchio con tutte quelle storie mentali che ci portiamo dietro ai concerti, all’università  e al bar.

Il live è una sorta di amplesso unico e organico, in cui possiamo riscattare ogni parte della propria intimità .

I pezzi si sfogliano come le pagine di un album fotografico vivo e vitale, ci si ricorda del passato di “Disco Inverno” o di pezzi più recenti ma eccellenti come “Superman” ( protagonista di un teatrino con due fan).

C’è insomma il racconto di una generazione, spesso nascosta, che va in scena.

Mecna ha una storia di vita (artistica), non scontata, che ha costruito la sua fortuna su una musicalità  e sonorità  sofisticata, mai adeguata e adeguabile ad altri fenomeni, perlomeno presenti in Italia.

Al concerto di Mecna si festeggia l’unicità  spensierata che, nelle canzoni, si accende e vive anche attraverso toni cupi.

La malinconia tuttavia non è mai vissuta con titanismo e senso di superiorità  artistica: i dolori, per una volta, sono presi con la struggente e immensa semplicità  dello stare male.

Nella sua linearità , con un cubo costruito con led, semplici e non invasivi, in questo concerto c’è tutto, infatti sia il fan accanito che il neofita possono incontrarsi e godersi un momento pensato per restare impresso, anche nella mente di chi solitamente non è un frequentatore del genere.

L’approcciarsi al pubblico è sincero, appassionato: in pezzi come “Un Drink o Due” o “Pratica” si vede perfettamente la forza dei brani di “Blue Karaoke”, che sono riusciti a legarsi al cuore di tutti, in pochissimo tempo.

Tutto è strutturato sui gesti, su un’interazione che usa poco le parole (tra un pezzo e l’altro) ma che è fatta di simboli, momenti, secondi di intensità , contrazione e pulsione.

“Come va? Mi scuso da subito se non parlo troppo tra un pezzo e l’altro”, tranquillo Corrado, le parole che contano veramente, per i presenti, ci sono tutte.