I Sick Tamburo sono tornati con un nuovo bellissimo album intitolato “Paura e L’Amore” uscito, meno di una settimana fa, per la Tempesta Dischi.
Quinto disco della formazione nata dall’incontro tra Elisabetta Imelio e Gian Maria Accusani, a due anni dal precedente disco “Un Giorno Nuovo”. Nove nuovi brani, due sentimenti opposti e intrinsecamente connessi. Abbiamo deciso di fare una lunga e piacevolissima chiacchierata con Gian Maria. Ecco cosa ci ha raccontato :
Il disco nuovo “Paura e L’Amore” è uscito venerdì scorso, 5 aprile, e voi procedete inarrestabili tenendo una media di un disco ogni due anni. E’ iniziata la promozione e le prove per il tour che partirà il 26 aprile da Bologna. Come state? Qual’è la sensazione di risalire su questa giostra frenetica dopo i mesi passati in studio a registrare?
Un disco ogni due anni era lo standard, prima, e noi dai cerchiamo di mantenere quella media. Stiamo bene e non vediamo l’ora di ripartire ovviamente. Alla fine fai musica perchè è il tuo modo di “sistemare” le cose che hai dentro, ma in realtà poi non vedi l’ora di andare su un palco a suonare. Sai, suonare per la gente è il motivo per cui tutti hanno iniziato a fare i musicisti, saremmo disonesti a dire che non vediamo l’ora. E poi la sensazione di riprodurre dal vivo quello che hai registrato è sempre una bella emozione.
Ho ascoltato il disco tutto d’un fiato e la prima esclamazione che ho fatto è stata “Eccoli, sono tornati più carichi che mai!”. Suoni e arrangiamenti che vi rendono indiscutibilmente riconoscibili ed unici. Un disco viscerale, ritmi incalzanti, una meravigliosa attitudine punk che vi fa essere, “qui e ora”, ancora paladini di quel rock alternativo che si respirava dieci anni fa. Dov’è il trucco?
Beh prima di tutto son contento che mi dici queste cose. Dopo averlo finito, questo, è sicuramente il disco che mi fa sentire più contento rispetto a tutti quelli che ho fatto. Non ti so spiegare esattamente il perchè, ma sento che è così. Poi è chiaro, noi portiamo avanti la nostra attitudine, anche quando cambiamo un po’ nelle sonorità . Anche quando facciamo i pezzi più leggeri come “Puoi Ancora” o “Lisa ha 16 anni” che sono in qualche modo più moderati comunque il tipo di scrittura ha sempre questa spinta. Spero che ogni gruppo abbia questa sorta di “firma” di riconoscibilità , noi sicuramente ce l’abbiamo in modo forte. Credo che potremmo fare anche le canzoni in stile nuova musica leggera italiana , quella che va di moda adesso, e si sentirebbe comunque che siamo noi.
“Paura e L’Amore”, il titolo dell’album. Due facce e un’unica medaglia. Due sentimenti opposti con cui tutti facciamo i conti. Viviamo un quotidiano dove spesso indossiamo maschere e ci nascondiamo nei social. Dove la forza manca e diventa più facile costruirci intorno dei muri in cui poi andiamo a viverci soli con le nostre paure. Il messaggio che lanciate mi sembra forte e bellissimo: l’Amore è l’arma più potente che abbiamo, il vero antidoto. L’Amore apre quello che la Paura chiude, è così?
Brava. Brava è proprio così. Credo che l’Amore sia l’unica arma che abbiamo ha disposizione tutti noi. Una cosa anche banale da dire, se vuoi, ma è la prima volta che ho avuto la consapevolezza interiore e ho sentito il bisogno di scriverlo. Spesso ho parlato di disagio, son sempre stato attratto dai disagi, adolescenziali, adulti, senili. Stavolta, anche grazie al filtro dell’album scorso “Un Giorno Nuovo” che portava una positività abbastanza “strana”per me; grazie a quel filtro, in questo disco, si parla di disagio ma con una soluzione che abbiamo tutti in tasca e basta decidere di tirarla fuori, e che è appunto l’Amore.
Nove tracce, nove vite in cui rispecchiarsi. Temi forti e dolorosi: l’abbandono in “Lisa ha 16 anni”, l’essere controcorrente e sentirsi diversi in “Baby Blu”, la violenza fisica, il labbro spaccato e una cicatrice che rimarrà per sempre in “Agnese non ci sta dentro”; la paura di non essere capiti e amati in “Mio padre non perdona”..
Non ci sono temi facili, come dicevamo purtroppo o per fortuna, sono sempre stato attratto dal disagio. Le persone che hanno disagio sono le più interessanti. Non vorrei essere frainteso, vicino alle persone serene e gioiose sto benissimo ma credo che abbiamo già una sorta di “fortuna” mentre chi affronta disagi, anche forti, si merita che qualcuno ne parli.
Temi forti e la vostra capacità di raccontarli con parole semplici e dirette. L’Amore come antidoto ma anche le parole. Il silenzio è vigliacco, freddo, pauroso. Le parole, l’Amore, la musica sono potenti e taumaturgici non credi?
Certo, hai ragione. Il silenzio è la rovina. Parlare e tirare fuori quello che abbiamo dentro è l’unico modo per cercare di risolvere quello che non va. Il silenzio è peggio che dirsi bugie da soli.
Perchè come primo singolo avete scelto “Puoi ancora”? Una canzone più lenta, quasi “acustica” per i vostri standard?
C’è la chitarra acustica e pochissime chitarre elettriche, in effetti, una cosa abbastanza anomala per noi, quasi una ballata. Guarda questo pezzo l’ho scritto più di dieci anni fa, esattamente come lo senti, a parte qualche arrangiamento finale che è cambiato. E’ un pezzo talmente “abbordabile” da un punto di vista sonoro che non ha tempo, potevi farlo dieci anni fa, oggi o tra vent’anni. L’avevo scritto per una persona a cui sono molto legato che attraversava un periodo disastroso e non ho mai avuto il coraggio di usarla. Fino a questo disco, quando, piano piano ho iniziato a vedere che tutto ruotava attorno a questo concetto: il disagio/la paura che si può risolvere con l’amore. Da li ho capito che questa canzone ci sta a pennello ed è proprio l’emblema di questo concetto che si snoda in tutto l’album. La storia di una ragazza che sta affrontando un periodo orrendo e l’antidoto può essere solo l’Amore.
Anche il video, con la regia di Stefano Poletti, credo che abbia saputo cogliere alla perfezione il “mood” del brano con un suggestivo b/n che riesce a trasmettere tutte le sfumature del pezzo, forse ancora di più di un girato a colori .
Devo essere onesto, ci sono dei momenti nel video dove penso che Stefano abbia capito perfettamente, in maniera totale, la sensazione che provavo io quando scrivevo quella canzone. Credo che difficilmente, in un video, si riesca ad avvicinarsi così tanto all’argomento e alle emozioni che vengono cantate.
Una canzone che mi è piaciuta tantissimo è “Anche Tim Barton la sceglierà “, in Leila ho rivisto una sorta di “Bocca di Rosa”, la sua storia è poesia, una favola e quel genio visionario di Tim Burton non ha scampo, la sceglierà . Il ritmo incalzante e il mantra che non ti esce dalla testa “non c’è niente senza l’amore, non c’è niente senza il dolore, non c’è niente senza il sudore”..
Hai detto bene. Ti spiego come è nata, non tantissimo tempo fa ho conosciuto una ragazza di trent’anni, una donna, che in effetti faceva un mestiere particolare, ed era talmente particolare lei come persona, per come faceva le cose, per come si muoveva che mi sono detto se Tim Burton la vedesse la vorrebbe in tutte le sue storie.
Avete esorcizzato anche la paura della morte con “Il più ricco del cimitero” così come avevate fatto con “La fine della chemio” nell’album precedente..
Io parlo spesso della morte, nel disco prima ancora c’era “Se Muori tu” uno dei miei pezzi preferiti. Forse è il mio personale modo di esorcizzare questa paura. “Il più ricco del cimitero” ne parla in modo ironico e il messaggio è molto pratico e veritiero: vivi qui e ora, senza inutili accumuli di cose materiali. Cosa te ne fai ? Sono della convinzione che ogni possesso è uguale a un casino in più. Quando stai bene hai già tutto quello che ti serve per andare avanti.
Un’altra cosa che mi è piaciuta tantissimo sono le vignette animate di Valentino Forlini .
Lui è un fan sfegatato, non so quante ne ha fatte. Finchè gli ho chiesto prova a far questo e questo e sono uscite queste vignette una per ogni canzone. Sono davvero contento perchè lui è davvero un vero fan.
Ultima domanda, qualche mese fa ho visto Davide Toffolo in Santeria a Milano durante la presentazione dell’ultimo lavoro dei Tarm e dal palco ha urlato “Pordenone capitale del Rock” sei d’accordo ?
Beh Pordenone è stata la capitale del rock in assoluto già dai tempi di quel movimento che si chiamava The Great Complotto, credo che tu sappia di cosa parlo, era una delle città con più fermento in assoluto. Grazie a quel momento le cose si sono portate avanti, se pensi che da Pordenone, una città di provincia ma piccola, continuano ad esserci realtà come i Tre Allegri, i Sick Tamburo, i Prozac+ prima , poi ci sono agenzie che organizzano concerti tra le più grandi in Italia, quindi credo che Pordenone comunque rimanga la capitale del rock. Toffolo ha ragione.
Ci vediamo sotto palco al Covo Club il 26 aprile, grazie per il tempo che mi hai dedicato e per la chiacchierata.
Ci vediamo a Bologna, mi fa solo che piacere. Sono io che ti ringrazio, ciao.