Puntuale come un orologio torna Matt Lorenz in arte The Suitcase Junket ovvero il baffo più selvaggio e appuntito del rock. Musicista fuori dagli schemi e istrionico personaggio, da anni perlustra il mondo indie a stelle e strisce cercando una collocazione che soddisfi la sua indole curiosa. Partito dal folk con i Rusty Belle si è spostato su territori più elettrici sperimentando con strumenti tradizionali e non in quattro album molto diversi tra loro (“Sever And Lift”, “Knock It Down”, “Make Time”, “Pile Driver”).
“Mean Dog / Trampoline” è stato prodotto da Steve Berlin dei Los Lobos, mixato da Vance Powell (Jack White, Houndmouth) con Justin Pizzoferrato (Dinosaur Jr., Speedy Ortiz) nel ruolo fondamentale di ingegnere del suono e dimostra che Matt Lorenz sa cavarsela veramente in qualunque situazione. Accompagnato dalla chitarra che ha recuperato in una discarica (una Kingston) rigorosamente suonata in accordatura aperta, l’ormai classica scarpa da bambino come rullante della batteria, il solito vasto campionario di ossa di animale, posate, vasellame da cucina per tenere il tempo e creare armonie fuori dal comune.
Steve Berlin ha registrato ogni suono separatamente, ha rimesso insieme il tutto e ha aggiunto le tastiere trasformando The Suitcase Junket in un rocker con una forte anima folk e un pizzico di gospel in “What Happened”. La rinuncia al sound lo ““ fi dei dischi precedenti era forse un passo obbligato e manca un po’ del disordine creativo e cattivo dei live di Matt Lorenz, che sembra comunque rinvigorito e consapevole di poter giocare allo stesso livello di tanti colleghi ben più famosi.
The Suitcase Junket è artigiano e inventore in un ambito (quello rock) che troppo spesso tende a imitare se stesso. Conferma ancora una volta di essere un artista vivace, trascinante e melodico in “High Beams”, “Everything I Like” e “Dandelion Crown” e dimostra di saper regalare gran bei pezzi di rock blues distorto come “New York City”, “Heart Of A Dog” e “Stay Too Long” in cui aleggia benevolo il fantasma di Tom Waits e ballate d’altri tempi come “Old Machine” e “Gods of Sleep” in quello che potrebbe essere il disco della svolta. Accessibile, con un buon appeal radiofonico senza essere banale.
Credit foto: David Jackson