A tre anni di distanza da “Mark Of The Blade”, i Whitechapel tornano a farsi sentire con un album destinato a diventare una tappa fondamentale della loro carriera. “The Valley”, pur non distanziandosi troppo da quelle sonorità deathcore per le quali la band del Tennessee è nota da ormai oltre un decennio, introduce una quantità davvero considerevole di nuovi colori sulla tavolozza.
Che sia in corso un’evoluzione importante nello stile proposto dal quintetto statunitense è possibile evincerlo già dai primissimi secondi dell’apripista “When A Demon Defiles A Witch”, che trae in inganno l’ ascoltatore con un bell’arpeggio di chitarra pulita prima di azzannare al collo con riff assassini e scariche di blast beat. Questo fino al ritornello, nel quale un sempre ottimo Phil Bozeman si destreggia tra le consuete, impressionanti urla gutturali e una linea melodica di grande presa.
è proprio la maggior confidenza dei Whitechapel con un lato “soft” (per modo di dire, sia ben chiaro) che già si era percepito tra i solchi del lavoro precedente a rappresentare la rivoluzione principale di “The Valley”. Quando i cinque di Knoxville non picchiano come forsennati, infatti, i toni si smorzano e si assiste a un cambiamento che nessuno si sarebbe mai aspettato fino a qualche tempo fa. D’altronde, stiamo parlando di gente che ha dedicato un concept album a Jack lo squartatore (“The Somatic Defilement” del 2007) e che davanti al microfono ha un vocalist che canta con la potenza di un David Vincent in fase di digestione.
Bozeman è talmente duttile da potersi permettere di attaccare “Brimstone” con un ringhio feroce ““ quasi un rutto, a essere sinceri ““ per poi dimostrare di non avere nulla da invidiare a colleghi del calibro di Corey Taylor in “Hickory Creek” (se la memoria non mi inganna, credo sia la prima vera e propria “ballata” mai realizzata dai Whitechapel) o addirittura Maynard James Keenan nelle strofe di “Third Depht”, un chiaro omaggio all’eleganza rock degli A Perfect Circle.
Tanta varietà per un disco estremamente affascinante, meno pesante rispetto al solito ma di certo non annacquato. Un buon punto di partenza per chiunque fosse interessato ad avvicinarsi al deathcore senza restare traumatizzato.