Giovedì sera di metà maggio: le temperature sono ancora piuttosto rigide per essere in primavera inoltrata, mentre noi siamo al Teatro Celebrazioni di Bologna ad assistere al concerto di Benjamin Clementine, oggi accompagnato da un quintetto di archi.
E’ una buona occasione per poter riascoltare alcuni brani dai suoi primi due LP, “At Least For Now” (2015) e “I Tell A Fly” (2017), in attesa che il musicista inglese pubblichi il suo lavoro successivo.
Pochi minuti prima della dieci, ecco salire sul grande palco del teatro emiliano i cinque musicisti che oggi supportano Clementine e, dopo un leggero intro strumentale, ecco apparire, elegantemente vestito con un completo bianco, anche il ragazzo di colore, come al solito scalzo: ci sorprende subito per la famigliarità che sembra avere sia con lo stage che con il pubblico e anche il suo modo di porsi, come potremmo vedere nel corso durante i successivi novanta minuti, è cambiato.
E’ “Winston Churchill’s Boy” ad aprire i giochi e, salvo qualche breve apparizione al piano, è proprio il quintetto d’archi a sostenere il ritmo del brano, con Benjamin concentrato sulla performance con la sua incredibile voce che entra subito in profondità e racconta il dolore delle sue composizioni.
Nella successiva “God Save The Jungle”, primo estratto dal recente “I Tell A Fly”, il musicista londinese e marito di Flo Morrissey parla dei problemi dei migranti e passeggia per tutta la lunghezza del palco, mentre canta, lasciando nuovamente molto spazio agli archi; di seguito “Condolence” aumenta la tensione con una splendida esecuzione al piano che regala emozioni vere che arrivano sulla pelle dei tanti presenti. Benjamin si lascia poi andare ““ piuttosto a sorpresa per noi ““ e coinvolge il pubblico bolognese, che canta insieme a lui: forse un passaggio un po’ troppo pop che da lui non ci saremmo aspettati, ma comunque momenti da brividi.
La sua magnifica voce è la vera protagonista di “I Won’t Complain”: Clementine sembra divertirsi, citando più volte Bologna, i suoi luoghi e anche i suoi cibi, divertendo la folla felsinea, ma sono i suoi vocals che continuano a creare magia pura.
Molto passionale e romantica “The People And I”, in cui il lavoro degli archi riesce ad aggiungere ulteriore profondità a questi sentimenti, ma il momento più intenso del concerto lo si raggiunge durante “Cornerstone” (“la prima canzone che ho scritto a Parigi”): al dolore e alla sofferenza che la voce e il piano sanno descrivere perfettamente, viene, invece, aggiunta una forza positiva dal quintetto di archi, prima che il musicista inglese vada a concludere il brano nella parte anteriore del palco, per poi sdraiarsi, facendo addirittura finta di dormire alla fine del pezzo.
Per concludere il mainset (con “Adios”), Benjamin decide di scendere tra il pubblico cantando e lasciando cantare, mentre passeggia per il grande teatro bolognese: le emozioni sono veramente difficili da descrivere in questi casi.
C’è ancora spazio per un sostanzioso encore di tre brani ““ tutti estratti dal suo sophomore ““ prima della conclusione di questa serata, che ci ha mostrato un musicista incredibile, le cui doti vocali e artistiche ci erano già ben note (e oggi sono state confermate), ma che ha saputo trasformarsi anche in un protagonista pieno di carisma, molto più rispetto al passato: la speranza è che il suo terzo LP non tardi ad arrivare e che possa ritornare presto a suonare qui in Italia.