Ogni tanto, una bella sorpresa. Dietro i neanche ventiquattro minuti di “[DETENTION]” si cela la fulgida mente di una ragazza svedese di ventisei anni il cui nome è à…sa Söderqvist. Per qualche strano motivo, tuttavia, preferisce farsi chiamare ShitKid. Arrivata al secondo album, questa giovane promessa di un genere che lei stessa definisce “anti-pop” abbandona totalmente le velleità super lo-fi dell’esordio “Fish”, pubblicato nel 2017, per reinventarsi erede della migliore tradizione alt rock al femminile di matrice “’90s.
Il risultato è talmente convincente da rasentare il miracolo. Certo, ai meno romantici potrà non sembrare particolarmente invitante la cosa; una persona ben più saggia del sottoscritto, tuttavia, ci insegnò tanti anni fa che la nostalgia è una canaglia, che ti prende proprio quando non vuoi.
Tanto per continuare a citare il maestro di Cellino San Marco e la sua afona ex consorte, se vi ritrovate con un cuore di paglia sarà davvero impossibile riuscire a non farvi catturare da un incendio che unisce grunge, punk rock, power pop e spirito del movimento Riot Grrrl con un’energia, una leggerezza e soprattutto un’ironia in grado di conquistare sin dal primissimo ascolto.
ShitKid flirta con un immaginario da teen movie ““ date un’occhiata alla copertina del disco, simile alla locandina di “American Pie”, e ne coglierete il mood ““ per confezionare otto perle grezze nelle quali emergono con chiarezza tracce di Breeders, Babes In Toyland, Throwing Muses e Bikini Kill.
A rendere il tutto leggermente più vicino ai giorni nostri, un influsso abbastanza evidente del pop punk più di nicchia che si insinua tra melodie e ritornelli che vi si stamperanno in testa in un batter d’occhio. Consigliatissime “DETENTION”, “SuMmEr BrEaK”, “Home Wondering (I dont wanna go to prom)” e “RoMaNcE”, un eccellente omaggio a Kim Deal che non stonerebbe nella colonna sonora di un reboot di “Daria”, la sitcom animata prodotta da MTV che, neanche a farlo apposta, è un simbolo iconico degli indimenticabili anni Novanta. Sempre siano lodati.
Credit Foto: Arvid Sjoo