Nuovo disco per Jesca Hoop, Cenerentola ribelle del folk rock che da tredici anni si muove agilmente tra stili e influenze diverse cambiando l’umore e l’atmosfera delle canzoni per accontentare una mente curiosa. Dopo il buon successo di critica e pubblico ottenuto con “Memories Are Now” nel 2017 ha lasciato la Sub Pop traslocando in casa Memphis Industries. Non l’unica novità per la Hoop visto che si è trasferita momentaneamente da Manchester, città che l’aveva adottata da quasi dieci anni, a Bristol per lavorare con John Parish.
Rapporto burrascoso quello tra la ragazza di Santa Rosa (California) e il produttore di PJ Harvey, Aldous Harding, Nada, Sparklehorse e Afterhours. L’approccio minimalista di Parish ha lasciato il segno e Jesca Hoop ha rivelato di non aver mai visto il suo lavoro così brutalmente modificato. Vittima di un editing massiccio che ha eliminato alcune canzoni e stravolto gli arrangiamenti iniziali per lasciare spazio a poche chitarre, qualche effetto e la voce eterea della Hoop al centro di ogni brano in solitaria o accompagnata da quelle di Lucius, Kate Stables (This Is The Kit) e Justis.
Una scelta spartana che finisce per donare a Jesca Hoop, che riscopre il lato più intenso e melodico della propria musica anche se il risultato varia da brano a brano. La mano di John Parish si sente soprattutto nel crescendo finale di “Footfall to the Path”, in “Passage’s End”, in “Shoulder Charge” e qui il paragone con PJ Harvey è inevitabile (visto come è stata arrangiata la parte cantata) mentre il folk classico che la Hoop ha imparato a suonare fin da ragazzina torna ad essere protagonista in “Old Fear of Father”, “Death Row”, “Outside of Eden” e “Time Capsule”.
Il brano migliore del disco è probabilmente l’evocativa “Red White and Black” che insieme alla lineare “01 Tear” dona varietà a “Stonechild”. Un bell’album dai toni autunnali che non cambierà certo la storia del folk ma antidoto perfetto contro i tormentoni estivi ormai imperanti. Resta il dubbio che Jesca Hoop abbia sofferto la personalità di John Parish, finendo comunque per trovare un elegante e ammaliante compromesso.
Credit foto: Laura Guy