Si è molto parlato di “King’s Mouth” quindicesima fatica dei The Flaming Lips. Doppia data d’uscita (edizione limitata durante il Record Store Day, disponibile in formato fisico e digitale dal diciannove luglio) per un concept album di dodici brani che racconta la storia di un popolo che deve affrontare la scomparsa di un re particolarmente amato.
La figura di Wayne Coyne è centrale in questo nuovo album, che molti addetti ai lavori giustamente considerano un lavoro solista. Il disco infatti è solo parte di un progetto ben più ampio ideato dal vulcanico frontman, che comprende una mostra interattiva e un corposo volume intitolato “King’s Mouth: Immerse Heap Trip Fantasy Experience”.
Hanno provato a fare le cose in grande i The Flaming Lips e non è una sorpresa visto che stiamo parlando di una band che ha sempre affiancato alle sette note gadget incredibilmente fantasiosi per la gioia dei collezionisti. Questa volta però è il lato musicale a soffrire, schiacciato dalla complessità della storia che deve accompagnare.
Dominano timpani e orchestrazioni, emerge qualche accattivante melodia, alcuni momenti divertenti ci sono: le discrete vibrazioni di “Giant Baby”, la colorata “All For The Life Of The City”, una maestosa “Electric Fire”. Mick Jones dei Clash svolge il ruolo di narratore con gusto e ironia ma non basta a far funzionare un disco senza particolari acuti psichedelici.
Una colonna sonora che difficilmente coinvolge senza l’apparato coreografico e visivo della mostra per cui è stata creata. Marginale il ruolo dei musicisti (Steven Drozd e Michael Ivins compresi) relegati quasi a band di supporto di un Coyne fiabesco e medievale che s’impegna ma non osa. Troppo poco per una band come i Flaming Lips che ha abituato a viaggi ben più avventurosi.
Credit foto: George Salisbury