Il prefisso SUB è adatto a descrivere, non tanto l’oceanica immersione della piazza, dovuta alla pioggia di metà pomeriggio su Guardiagrele, ma piuttosto offre una visione didascalica della profondità del legame che la band di Torino, anche a distanza di due decenni, crea con il pubblico, unendo generazioni, desideri e ambizioni completamente differenti.
Il gruppo si muove, volteggia e crea delle arie assurdamente e intelligentemente pop, tutto questo portando sul palco l’incredibile e meraviglioso percorso costruito su una gavetta importante e fatta di attività , azioni e atti che vanno oltre la musica. Dal legame di Boosta con la tecnologia fino al rapporto tra Casacci e l’arte, i Subsonica sono un cubo di Rubik dalle molteplici facce e con un risvolto mai monotono ma capace di rinnovarsi sempre con freschezza e coerenza.
La forza del live è nella capacità di attrarre e catturare tutti grazie ad uno spettacolo multidimensionale che scava e va nel profondo senza la pretesa di farlo ad ogni costo. Un gioco di alterità profonde tra luci incendiate che si irradiano nella piazza e i brani che per generazioni sono stati crocevia di amori, riflessioni, dolori, passioni mancate e fallimenti annunciati.
I Subsonica sono un organismo capace di osare con forza e giocare, pur rispettando la loro attitude molto pop, con temi di delicata importanza. Nel mare magno del disastro climatico, politico e sociale, la band canta ancora un mondo di possibilità , fatto di ispirazioni alte e umanamente virtuoso, non a caso il giorno prima del concerto lo stesso Casacci ha tenuto una “lectio marginalis” dedicata al Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto.
L’idea è di attuare sul palco un’integrazione virtuosa tra naturale e artificiale, tra reale e irreale, insomma portare il pop verso uno stadio più umano, meno artificioso.
“8”, ultimo disco in ordine di uscita, è un’opera che si muove a strati dall’elettro-pop immediato di “Respirare” alla metafisica de “L’incredibile performance di un uomo morto” e tutto questo è palese in un live che vive di atmosfere e momenti profondamente diversi.
La crossmedialità è la forza di una band che è fondamentale, perlomeno per il panorama italiano, anche nel momento più estremo della liquidità musicale; lo spazio sonoro creato sul palco è ispirato ad una serie di snodi fondamentali della musica italiana come Battiato e Paolo Conte. Un ripudio dell’arte usa e getta, perchè in fondo è la musica pop quella che va ripensata e masticata in un modo completamente diverso.
I Subsonica non si limitano ad essere degli hard-disk pieni di memoria storica e statica, ma si avventurano ancora in una ricerca di sonorità nuove, anche con i progetti singoli (in particolare Boosta e Casacci), la loro è una capacità infrastrutturale che abbraccia mondi semantici e sonori di cui c’è ancora qualcosa da dire.
Il senso della “Fenice” (pezzo contenuto nell’ultimo disco) è questo e va oltre la forza della rinascita: c’è, nel simbolo, tutta la meraviglia della continuità e della capacità di costruire un racconto che si interseca con la tela, tremenda e affascinante, del contemporaneo.
Gli elementi più disturbanti della realtà , in fin dei conti, possono essere propulsori di meraviglia, in un suo pensiero David Lynch ha scritto: “Chiesi un pezzo di carta alla segretaria perchè di colpo ricordai di aver fatto un sogno la notte prima. Eureka. Tre piccoli elementi di quel sogno risolveranno tutti i miei problemi“, allora occorre ripartire dalle essenzialità , dai sogni mancati, i Subsonica in un concerto colgono questo.
Eureka.