Per quante se ne siano dette sui Libertines alla fine ci troviamo qui, a 15 anni dal loro secondo e omonimo album (degno successore di quel debutto esplosivo come “Up The Bracket”) ad omaggiarli e a ricordarli con un bel sacco di nostalgia sulle spalle. E chi se ne frega degli eccessi di droga e dalla vita sregolata del vecchio Pete Doherty visto che di fatto, all’inizio degli anni 2000 assieme all’amico Carl Barat e soci, si è scritto un pezzo di storia dell’Indie Rock.
I due amici avevano creato il loro campo base proprio a Camden Road, in un appartamento nel Nord di Londra preso in affitto successivamente all’epoca in cui vivevano come squatters nell’est londinese. Li era iniziato tutto effettivamente: la loro amicizia profonda e complicata da una parte (tanto da marchiarsi entrambi con la scritta “Libertine”, la stessa che si vede nelle braccia dei due in copertina del sophomore di cui stiamo parlando) e l’intesa musicale che li ha portati a scrivere assieme numerose delle canzoni che consociamo ormai a memoria dall’altra. L’ex Clash Mick Jones aveva di nuovo creduto in loro scegliendo di produrli anche questa volta, nonostante i continui problemi di droga di Doherty, nonostante i problemi dello stesso con la band, insomma nonostante tutto.
Sia chiaro, non dimentichiamoci degli altri due musicisti, ovvero del batterista Gary Powell e al bassista John Hassal, abili nel comparto ritmico, ma che nel tempo sono sempre rimasti nelle retrovie rispetto ai due galli nel pollaio, soprattutto dal punto di vista compositivo (nel disco infatti non compaiono i loro nomi tra gli autori dei brani).
Un disco che risulta come una sorta di audio biografia colmata da litigi, complicità , fratellanza, amore e odio. Basti pensare alla copertina, che raffigura i due in uno scatto particolarmente intimo, avvenuto però appunto a poche ore dal rilascio di galera dello stesso Pete, incriminato per aver rubato della roba dall’appartamento di Carl tra cui una chitarra e un laptop. Magia.
C’è la spavalda “Can’t Stand me Now”, nella quale i due si confrontano in un botta e risposta che dice tutto e il contrario di tutto con una complicità che fa capire subito quale sia la vera particolarità della band. Il gioco dei due è sempre presente, il dialogo tra le chitarre, il cantato alternato, i cori complici e maliziosi, dal vivo cantati sullo stesso microfono. La bizzarra “Don’t Be Shy”, nel quale viene da ridere per le stonature scomposte di Doherty che sembra cantare come un ubriaco allegro in un Pub Inglese. E cosa dire della romantica “What Katie Did”? Beh di romantico c’è gran poco nel testo se ci si pensa, e la Katie di cui si parla non è di certo Kate Moss, ex di Pete e compagna di mille avventure. “Arbeit Macht Frei” o “Narcisst” sonicamente importanti e aggressive, mentre riecheggiano i cori frizzanti e “libertini” su “The Man Who Would Be King” l’ultima ma non ultima canzone del disco, e secondo singolo proposto “What Became of the Likely Lads” chiaro riferimento al turbolento rapporto tra Carl e Pete, eterni amici nemici.
Insomma, che fine hanno fatto i ragazzi? Noi sappiamo come è andata a finire, ma forse il bello è stato proprio questo dato che, come si leggeva in qualche recensione a suo tempo, “E’ questo il rock nella Londra del 2004. Prendere o lasciare” .
The Libertines ““ “The Libertines”
Data di pubblicazione: 30 Agosto 2004
Tracce: 14
Lunghezza: 42:04
Registrato: Primavera 2004 Metropolis Studio , Londra
Etichetta: Rough Trade
Produttore: Mick Jones
Tracklist :
1. Can’t stand me now
2. Last post on the bugle
3. Don’t be shy
4. The man who would be king
5. Music when the lights go out
6. Narcissist
7. The ha ha wall
8. Arbeit march frei
9. Campaign of hate
10. What Katie did
11. Tomblands
12. The saga
13. Road to ruin
14. what became of the likely lads