Uno dei dischi più significativi di tutti gli anni ’90, divenuto una sorta di classico del suo tempo, è “No Need To Argue”, il secondo in ordine cronologico della band irlandese The Cranberries.
Uscì a inizio ottobre del 1994 e, per quanto vi siano delle divergenze sulla data effettiva di pubblicazione, teniamo valida quella indicata da Wikipedia inglese e, quindi, ci troviamo proprio oggi a festeggiare un significativo compleanno.
Sono ben 25 gli anni trascorsi da quando “Zombie”si apprestava a diventare un evergreen del rock, trainando con la sua forza d’urto questo bellissimo album. Uscito qualche settimana prima come anticipazione del disco, fu in grado di sparigliare clamorosamente le carte in seno al gruppo, visto che nelle orecchie dei (non molti, a dire la verità , se pensiamo all’Europa) fans c’erano ancora le soavi, placide, rassicuranti melodie caratterizzanti il loro lavoro d’esordio.
E’ impossibile non partire da qui, da questo singolo che cambiò letteralmente le loro prospettive, e dimostrò quanto sotto la patina folk pop ci fosse molta sostanza, oltre che una debordante personalità , pur compressa in un corpo minuto, com’era quello della compianta Dolores O’Riordan.
In realtà , a onor del vero, “Everybody Else Is Doing It, So Why Can’t We?”, disco d’esordio dei 4 irlandesi (completano l’organico i fratelli Hogan, Noel alla chitarra e il più giovane Mike al basso, e il batterista Fergal Lawler) non fu del tutto un flop, visto che sospinto in particolare dai graziosi singoli “Finger” e “Dreams” ebbe un buon successo negli Usa, superando il milione di copie, ma niente al confronto dell’impatto avuto nell’immaginario collettivo da una canzone come “Zombie”.
E’, questa rabbiosa risposta in musica dedicata a dei piccoli innocenti morti in un attentato dell’IRA, un brano che non poteva lasciare indifferenti, sia per il tema trattato, sia per l’indubbia efficacia a livello compositivo, con le sue schitarrate grunge, il rock pulsante, l’imperiosa voce della O’Riordan e i suoi memorabili vocalizzi nel ritornello e, non ultimo, l’iconico video, trasmesso in heavy rotation da ogni canale musicale.
Insomma, i Cranberries con questo episodio (che rimarrà di gran lunga il più celebre della loro carriera) mostrarono muscoli e idee, ma non rinnegarono nulla delle proprie origini, nè geografiche, nè tanto meno musicali, se è vero che, pur presentando questo disco altri brani più chitarristici, il registro sonoro generale rimane ancorato a un ottimo pop, declinato nelle sue più svariate forme.
A prendere campo è la già più volte citata O’Riordan che, oltre a firmare da sola testi e musiche di 6 brani (tra cui appunto “Zombie”), finirà per assumersi in modo spontaneo la leadership della band, diventandone simbolo e immagine.
L’inizio è con la dolcissima “Ode to My Family”, sussurrata nelle strofe ma accorata e intensa nel ritornello; la successiva “I Can’t Be With You” affianca a un testo acerbo ma molto coinvolgente sulla mancanza del proprio amato, una scintillante musica guitar pop: entrambi i brani saranno dei fortunati singoli.
“Twenty One” è una ballata vera e propria, dolce e dimessa al tempo stesso e prepara il terreno per “Zombie”, della quale funge da contraltare. Dopo la sfuriata rock si torna a navigare in placide acque con l’evocativa “Empty” e la romantica “Everything I Said” che richiamano da vicino brani del primo album, con le loro influenze celtiche, specie nel cantato. La prima parte del disco si chiude con la vivace e orecchiabile “The Icicle Melts”, baciata da un ottimo arrangiamento.
In seguito la band si permette di sperimentare un po’, sempre però tenendosi stretta la coperta pop e la forma ballata, e i toni si fanno più cupi e freddi in “Disappointment” e “Ridiculous Thoughts”, quest’ultima più convincente, sia per il testo, in cui la cantante se la prende con chi metteva in giro delle falsità sul suo conto, che per la grintosa e coinvolgente musica.
E’ questo l’ultimo sussulto dell’album, con le restanti quattro tracce, scritte interamente dalla O’Riordan, che infatti puntano meno sull’impatto, ma sono in grado lo stesso di veicolare emozioni, mettendo in luce l’autenticità del gruppo, e della sua autrice in particolare.
Dall’incantevole “Dreaming My Dreams” all’omaggio al connazionale poeta William Butler Yeats in “Yeat’s Grave”, e alla più strutturata e complessa “Daffodil Lament”, per concludere con la soffusa e struggente “No Need To Argue”, i Cranberries ci mostrano altre facce della loro proposta artistica.
Una proposta che, obiettivamente, non sarà più così ispirata nel resto della carriera, a iniziare dal successivo “To the Faithful Departed” che, sul piano delle vendite andrà sì a replicare l’exploit di questo splendido album, ma non sarà certo in grado di eguagliarlo in quanto a qualità e bellezza.
The Cranberries – No Need To Argue
Data di pubblicazione: 3 Ottobre 1994
Tracce: 13
Lunghezza: 50:30
Etichetta: Island Records
Produttore: Stephen Street
Tracklist:
Ode To My Family
I Can’t Be With You
Twenty One
Zombie
Empty
Everything I Said
The Icicle Melts
Disappointment
Ridiculous Thougths
Dreaming My Dreams
Yeat’s Grave
Daffodil Lament
No Need To Argue