Tornano gli Indianizer. Un nuovo disco che a prima vista sembra un EP e invece è un LP completo. Sta di fatto che, nel mio breve articolo, vi parlerò di qualcosa che mi ha fatto ballare e sorridere allo stesso tempo e non è cosa facile, ve lo assicuro.
Una evoluzione quasi logica a livello di sound, i cui si possono sentire idee prese dai King Gizzard (sempre grande fonte d’ispirazione) come ad esempio in “Sin Cleopatra”, oppure “Ka Ou Fe”, che mi ricorda un pezzo dei Phoenician Drive, ma, attenzione, non è solo un prendere di sana pianta e basta come, sad but true, fanno i tanto celebrati Psychedelic Porn Crumpets, ma è un modellare a proprio piacimento spunti e idee per creare una fusione tra il tropical beat (e occhio ai testi in altre lingue) la psichedelia e pure alcune linee melodiche provenienti dal garage rock. I suoni sono più curati, vero, per carità , ma i pezzi in sè e per sè? Beh, i pezzi riescono a rendere questo miscuglio di culture concreto, tangibile e coinvolgente: voglio citare “Aya Puma” per rendere l’idea. Tutto fila alla perfezioni: suoni, dinamiche del brano e la misura del cantato mi fanno ballare ed è difficile far alzar dalla sedia una persona come me.
In conclusione lasciatemi dire che non ci sono tracce brutte in questo album, che rappresenta un bel viaggio, un po’ corto, ma pur sempre un piacevole viaggio. Ho grandi aspettative per il futuro di questa band, sperando proprio che continuino a rinnovarsi come stanno facendo ora.