Tasha Abbott è originaria di Ontario, città  non troppo lontana da Los Angeles. Da piccola ascoltava Bauhaus, Love and Rockets, i New Order mentre in auto accompagnava la madre per le vie della città . L’indie ed il punk rock si fecero largo in seguito tra le sue passioni musicali. Poi il trasferimento a Brooklyn, i primi accordi di chitarra e le prime canzoni scritte mentre frequenta la Berklee Music School. E’ in questo periodo che conosce Zack Nestel-Patt che collabora dando il suo contributo ai brani di Tasha con le sue linee di basso. Zack viene da un’educazione musicale più “raffinata”: dal jazz fino al piano e di conseguenza alle tastiere e ai synth. E sono proprio i suoni di questo ultimo strumento a convincere i due ad abbandonare le canzoni acoustic folk per buttarsi in qualcosa di più innovativo.

Nascono così i primi brani che verranno inclusi nel loro primo EP (“EP 1”) dello scorso anno. Tasha abbandona la chitarra acustica per quella elettrica, più adatta ai nuovi suoni, mentre un terzo elemento – seppure la sua rimane per ora solo una collaborazione esterna –   si aggiunge per aggiustare la sezione ritmica (Robi Gonzalez, batterista dei A Place to Bury Strangers e This Will Destroy). Potremmo definire il loro genere una via di mezzo tra shoegaze e dream pop con richiami a band post-punk degli anni “’80, primi fra tutti i Joy Division di cui si riconoscono le atmosfere nella opener e primo singolo “Don’t Wake Up, Wake Up’. La canzone è accompagnata dal video, un intreccio tra sogno e realtà  tra due persone che si perdono e si cercano, difficile capire dove finisce il sogno ed inizia la realtà . L’altro singolo “Faces” è invece il classico brano dream pop che potrebbe essere stato scritto dai Beach House. E’ la descrizione di uno stato d’animo alienante. Vivere in una grande città , incrociare le facce di milioni di persone ma allo stesso tempo condurre un’esistenza fatta di solitudine. Appartamenti condivisi con estranei rendono difficile portare gli amici a casa per trascorrere serate in compagnia, l’affitto e le bollette da pagare non ti permettono di uscire e goderti una serata al ristorante o in un locale. Se il rock degli albori dava una voce alla protesta giovanile, una ribellione al vecchio modello di famiglia o di contestazione alle politiche guerrafondaie dei paesi più forti, in questo periodo notiamo sempre più spesso che le tematiche trattate nei testi di queste band metropolitane sono legate alle difficoltà  di comunicazione, al caos dei social media e dall’evidente impossibilità  di condurre una vita sociale degna di tale nome.

Tasha e Zack vivono in prima persona questi disagi e li trasmettono nella loro musica. Ritmi motorik ben si legano al suono del synth che con note ondivaghe e oscillanti caratterizzano brani come “Forward”, suoni che trasmettono l’ansia, il clima, l’aria che si respira in certe aree metropolitane. è un disco Newyorchese, prendere o lasciare.