Instancabili TOY. Quarto album (il buon “Happy In The Hollow”) pubblicato da qualche mese appena e gli psichedelici ragazzi di Brighton tornano con una corposa manciata di cover. Otto brani di varia natura e provenienza che hanno ispirato o incuriosito il quintetto nel corso degli anni. Gusti variegati quelli dei TOY e se l’influenza di alcuni artisti si poteva facilmente immaginare ascoltando i loro dischi, altre scelte sono decisamente stravaganti e impreviste.

Classici punk e pop come “Down On The Street” dei The Stooges e “Cousin’ Jane” dei The Troggs attraversano lo spazio tempo e vengono contagiati da ritmi tra lo psichedelico e il kraut rock tendenza motorik in cui spiccano il basso di Maxim “Panda” Barron e le tastiere di Max Oscarnold. Territori musicalmente familiari che ritroviamo anche in “Sixty Forty” di Nico riproposta in una chiave rarefatta e minimalista che omaggia la pungente glacialità  dell’originale, legame evidente anche nel cantato di Tom Dougall.

Sterzata psych rock con “Fun City” dei Soft Cell anche se, ammettiamolo, la curiosità  era tutta volta a capire come i TOY avrebbero affrontato due brani molto lontani dalle loro psichedeliche corde: “Follow Me” di Amanda Lear e la scabrosa “Lemon Incest” di Serge Gainsbourg. L’electro pop brillante della Lear subisce una metamorfosi sostanziale trascinato da una marziale, ipnotica drum machine e da tastiere che nel ritornello riprendono il ritmo di un originale difficile da eguagliare. L’inedita veste dream pop di “Lemon Incest” è coraggiosa ma non colpisce e non sfonda, suonata dal vivo sarà  forse migliore.

Chiusura piena di riverbero con “Always On My Mind” ballatona scritta e cantata originariamente da B.J. Thomas ma più nota nella versione di Elvis Presley e in quella sfrenata dei Pet Shop Boys del 1987. Proprio negli anni ottanta si trasferiscono i TOY con sintetizzatori e melodie pop che aprono la strada ai toni più classici e pastorali di “A Doll’s House”, rifacimento fedele di un brano composto da John Barry (sue le colonne sonore della saga di James Bond, “Attenti A Quei Due” e molto altro) che impreziosiva l’omonimo film di Patrick Garland tratto da “Casa Di Bambola” di Ibsen.

Non sarà  certo questo disco a cambiare la carriera dei TOY che comunque dimostrano di volersi ancora mettere alla prova con suoni più elettronici, cupi, minimali, strutturati per ridurre all’essenza otto brani di artisti “scomodi” molto lontani dalla musica di rapido consumo odierna.


Credit foto: Goodfellas