Alla fine degli anni Settanta, la crisi petrolifera mondiale e l’inflazione crescente avevano messo in crisi il fragile sistema economico britannico: scioperi, manifestazioni e proteste erano all’ordine del giorno. Intanto i conservatori vincevano le elezioni ed il 4 Maggio del ’79 la Thatcher diventava primo ministro del Regno Unito, iniziando, da subito, a sostenere quelle politiche economiche filo-monetariste che avrebbero messo letteralmente in ginocchio l’industria manufatturiera britannica raddoppiando la disoccupazione.

In quella che, oggi, definiremmo una vera e propria macelleria sociale, alla fine di quell’anno, i Clash pubblicarono un album viscerale e vibrante che mescola sonorità  punk, reggae, ska e rockabilly.

Un suono globale nel quale convivevano, senza confini e barriere che tenessero, l’America e l’Africa, la Giamaica e le periferie urbane di Londra. E proprio da Londra iniziò il loro viaggio sonoro, con una canzone distropica, l’omonima “London Calling”, che, prendendo spunto da un incitamento lanciato via radio dalla BBC durante i tempi bui della II Guerra Mondiale, ci metteva davanti ad un mondo sul baratro della definitiva e completa distruzione. Il Sole ha perso la sua forza benefica; il clima sta rapidamente cambiando; il grano e tutte le altre piante nascono già  malate; le macchine non sono più in grado di aiutarci e funzionare. E tutto a causa di un terribile errore nucleare.

I Clash tentano di analizzare i loro tempi ed evidenziarne tutte le brutture, senza ipocrisie, basandosi, soprattutto, sullo studio delle pagine più oscure della storia recente. Non solo la II Guerra Mondiale, ma anche la Guerra Civile spagnola del 1939, nella quale le forze fasciste e naziste, che avrebbero, dopo qualche mese, cercato di spingere il mondo intero verso l’annientamento, già  stavano dando pratica dimostrazione delle loro bellicose intenzioni e dei loro pessimi propositi (“Spanish Bombs”). Pubbliche esecuzioni dei dissidenti; auto nere della guardia civile che scorrazzano per le strade del paese; i DC10 che lanciano le loro bombe; un uomo onesto, come il poeta Federico Lorca, che è ormai morto e sepolto, ma le loro maledette armi ed i loro proiettili non hanno rispetto neppure per la morte e per i cimiteri in cui i morti dovrebbero solamente poter riposare in pace.

“London Calling” è anche un album sociale, oltre che politico; il disco, infatti, contiene una delle più aspre critiche allo stile di vita consumista vigente nel mondo occidentale. “Lost In A Supermarket” punta il dito contro quegli atteggiamenti propri del capitalismo di massa e contro quell’egoismo irrazionale che spinge le persone a chiudersi ed alienarsi nel proprio ristretto mondo, a sentirsi appagate solo se ottengono ciò che desiderano, condizionate da fasulle e suadenti campagne pubblicitarie (“Koka Kola”). Ma si tratta solo di beni effimeri, di cose che vengono immediatamente sostituite dal desiderio di possesso di altri oggetti; anch’essi, ovviamente, del tutto inutili e superflui.

è una corsa verso l’autodistruzione, nella quale l’uomo moderno è sempre più debole, controllabile, solo. La canzone parla, infatti, di qualcuno che, entrato in un supermercato, perchè attratto dall’ennesima offerta speciale, ne resta prigioniero, incapace poi di trovare la strada per uscirne. Gli uomini moderni pensano che, per essere felici e liberi, non sia importante relazionarsi con i propri simili, ma bastino solo una buona bottiglia e l’ultimo album di hits, ma questa è solo appagazione momentanea e superficiale, non c’è nulla di vivo e duraturo in quello che si prova.

I fantasmi del nostro passato, quelli che agiscono nel nome della repressione e che tentano di inculcare le loro ideologie contorte ai propri giovani sostenitori, intanto, stanno tornando (“Clampdown”). Sono già  là  fuori, intenti ad abbattere e rovesciare i governi democratici, ad ammazzare ed imporre al potere i propri rappresentanti corrotti. Quando queste persone verranno a prendere a calci le vostre porte (“The Guns Of Brixton”) come pensate di andare loro incontro? Con le mani in alto o col dito pronto sul grilletto della pistola? Forse finiremo stesi, morti stecchiti sul pavimento, forse finiremo a marcire nelle loro prigioni, ci pesteranno, ci schiacceranno, ma ci sarà  sempre qualcuno pronto a ribellarsi, qualcuno che non vorrà  piegarsi alla repressione.

Il disco non contiene solo i proclami politici e sociali della band; “Train In Vain”, l’ultima canzone dell’album, è una canzone sentimentale, il cui ritmo accattivante è la base per una storia d’amore contraddittoria: tu dici di amarmi, ma, allo stesso tempo, ti senti in trappola e devi andartene via; senti il bisogno di riprenderti i tuoi spazi, ma allora erano davvero tutte bugie quelle che ci dicevamo? Quando la malinconia prende il sopravvento, quando i nervi sono a pezzi, quando tutto è caotico ed indecifrabile, non resta che uscire di casa e cercare quell’uomo odioso (“Hateful”) che può offrirci tutto ciò di cui abbiamo bisogno e che, purtroppo, paghiamo a caro prezzo.

“London Calling” è un disco complesso, pieno di spunti, sia concettuali, che musicali, nel quale i Clash danno vita al proprio caratteristico sound; non è più un album punk, rockabilly, reggae o ska, ma è un album dei Clash, con il suo ben definito e riconoscibile stile, che influenzerà  generazioni e generazioni successive di musicisti. è un lavoro in cui si respira grande apertura e che, forse, per questo, inizialmente, venne giudicato troppo poco punk, rispetto ai primi due album, nonchè eccessivamente sperimentale. Ma proprio grazie al fatto di non avere restrizioni concettuali, di non dover suonare necessariamente unicamente come un disco rock, ha saputo attraversare, senza flessioni, il tempo e lo spazio. Questa libertà  espressiva, questa tendenza a non volersi fare etichettare e a cercare di oltrepassare le barriere precostituite tra i diversi generi musicali, sono le peculiarità  più interessanti e vincenti di “London Calling”, che, in definitiva, pur non essendo un disco strettamente punk, è mosso da un approccio tipicamente punk.

Pubblicazione: 14 dicembre 1979
Durata: 64:59
Dischi: 2
Tracce: 19
Genere: Punk, Reggae, Ska, Rockabilly
Etichetta: Epic Records, Sony Music, CBS
Produttore: Guy Stevens
Registrazione: agosto – novembre 1979

1 – London Calling ““ 3:19
2 – Brand New Cadillac ““ 2:09
3 – Jimmy Jazz ““ 3:52
4 – Hateful ““ 2:45
5 – Rudie Can’t Fail ““ 3:26
6 – Spanish Bombs ““ 3:19
7 – The Right Profile ““ 3:56
8 – Lost In The Supermarket ““ 3:47
9 – Clampdown ““ 3:49
10 – The Guns Of Brixton ““ 3:07
11 – Wrong ‘Em Boyo ““ 3:10
12 – Death Or Glory ““ 3:55
13 – Kola Kola ““ 1:46
14 – The Card Cheat ““ 3:51
15 – Lover’s Rock ““ 4:01
16 – Four Horsemen ““ 2:56
17 – I’m Not Down ““ 3:00
18 – Revolution Rock ““ 5:37
19 – Train In Vain ““ 3:09