“E’ musica… perfetta, come mai musica era stata. Sposta una sola nota e si immiserisce tutto. Cambia una sola frase e la struttura crolla“.
Bisognerebbe parlare di Mozart con rispetto, sussiego, ammirazione sconfinata. Bisognerebbe, se non si mastica musica colta, innanzitutto entrare nel suo mondo musicale e poi provare a informarsi e cercarne, attraverso una buona biografia, i tratti non solo pubblici, ma anche privati per avere la misura della persona a 360 gradi e carpirne segreti e contrarietà . Possiamo magari (ma ci vorrebbe coraggio) mettere anche in dubbio l’effettivo valore musicale se rapportato al tempo e alle già presenti correnti che influenzarono il giovane Wolfgang e in alcuni casi ne ignorarono il precoce talento. Sto divagando forse, ma era una semplice introduzione perchè Amadeus non è certo una fonte attendibile, ma, rivedendo dopo tutti questi anni, il capolavoro di Milos Forman non ci resta che l’enorme e destabilizzante figura di una rockstar fragile, incompresa e incredibilmente umana.
Quanto sarebbe inutile menzionare le splendide scenografie e gli impareggiabili costumi, le atmosfere di una Vienna pulsante di vita, a volte indifferente al minuscolo Wolfgang che, sopratutto nell’ultima parte del film, si trascina ubriaco, sfatto e claudicante per le viuzze innevate mentre i demoni del Requiem lo assalgono. Sublime, amabilmente subdolo e viscidamente ammirata è la figura di Antonio Salieri, machiavellico nell’architettare il piano per uccidere il suo dotato rivale e magistralmente interpretata da F. Murray Abraham. Impressionante è invece il peso del giovane genio irriverente, strafottente, finanche narcisista che Tom Hulce (attore che avrebbe meritato una carriera migliore date le sue doti) immette nel suo Mozart. E’ ozioso poi sottolineare le imprecisioni biografiche, le licenze, l’inesistente invidia di Salieri (che invece dette lezioni anche ad uno dei due figli di Mozart) perchè tutto si piega alla metafisica musica del compositore salisburghese.
Forman ricrea le opere maggiori rappresentate in teatro e non possiamo far altro che piegarci di fronte alle note dell’aria del Martern Aller Artern tratta dal “Ratto dal Serraglio” o del tetro e metallico Confutatis del “Requiem” composto insieme a Salieri sul letto di morte. Tutto brilla per la gioia dei nostri occhi: vestiti dai colori sgargianti, parrucche sbarazzine, e come in un enorme quadro vivente e vibrante, Forman ci restituisce una fulgida atmosfera settecentesca e noi ne siamo i protagonisti insieme a Wolfgang e a tutte le personalità del tempo. Quella risata poi: beffarda, isterica, stupida, irriverente, quella risata che ci fa pensare ad un’altra risata recentissima. Quella risata che risuona nelle orecchie e nella testa di un avvizzito Salieri ormai in manicomio, risata che lo accompagna mentre benedice i folli, i folli come Wolfgang e forse come tutti i grandi geni.
“Mediocri, ovunque voi siate, io vi assolvo, io vi assolvo, io vi assolvo, io vi assolvo tutti!”