Uscito un po’ in sordina sul finire dell’anno scorso, ma assolutamente di pregio e forte di riusciti duetti con artisti con la A maiuscola, il nuovo album di Luca Madonia mostra se ce ne fosse ancora bisogno il talento cristallino dell’artista siciliano.
Si intitola “La piramide” e richiama l’opera di Maslow sulla piramide dei bisogni dell’uomo, qui ben sintetizzata e attualizzata a livello personale. Fa specie che il disco sia passato un po’ sottotraccia, ma non è mai troppo tardi per recuperare l’ascolto di questi 10 interessanti episodi.
A più di 60 anni l’ex Denovo non deve dimostrare più niente a nessuno e, senza ansie da prestazione e assilli da classifiche, ha allestito un album che ha radici lontane, se è vero che l’idea del progetto si era come insinuata pian piano ma ha preso l’input definitivo dopo aver realizzato “Le conseguenze che non ti aspetti”, con l’attrice regista Giada Colagrande (che per non farsi mancare niente, qui indossa le vesti di cantante, ambito che la vede già impegnata con i The Magic Door).
Le due voci si sposavano bene, il tema esistenzialista affrontato in modo leggero (da non intendersi come superficiale) potevano risultare chiavi di lettura vincenti per approntare una nuova raccolta di canzoni.
D’altronde Madonia tanti anni prima aveva scritto assieme al Maestro Battiato un altro brano che poteva collegarsi idealmente per tematiche, “Quello che non so di te”: si trattava però di ridefinirlo in una dimensione più consona e intima, e così il gioiellino asciutto e raffinato che si sente a fine disco è frutto di un nuova registrazione (a proposito, assolutamente riguardevole il team di lavoro scelto da Madonia: Denis Marino che ha arrangiato e co-prodotto l’album e Michele Musarra addetto ai suoni e al missaggio).
Sulla scia di questi due riusciti brani che già avevano una loro storia, il Nostro ha pensato a quali altri artisti potessero avvicinarsi al suo mondo interiore e ha ottenuto in cambio preziosi contributi.
Enrico Ruggeri partecipa di fatto con due brani; a lui è affidato quello che apre in modo energico il disco. “Allora fallo” è una vera e propria dichiarazione d’intenti, un carpe diem sempre attuale, e musicalmente spiazzante e vivace. Siamo dalle parti di un funk rock che esalta il mood della canzone. Molto diverso invece l’altro duetto che vede protagonista il buon vecchio Rouge, stavolta assieme ai suoi Decibil per la dolce e ariosa “I desideri non cambiano” (la più sanremese del lotto, se mi concedete il termine!). Per quanto le voci dei due protagonisti siano, come risaputo, molto diverse, bisogna ammettere che si compensano benissimo.
Molto riuscita – e verrebbe quasi da dire che sia abbastanza scontato – è la canzone interpretata con l’ex sodale Mario Venuti, “Guarda come scorre”, che contiene marchiata a fuoco la deliziosa melodia, la cantabilità dello storico gruppo anni ’80 e viene spontaneo ripensare a quanti gioielli questi due signori ci hanno regalato in tanti anni di onorata carriera.
Non potevano mancare le voci femminili a fare da contraltare a quella di Madonia e anche qui vengono calati autentici assi: della sorprendente canzone con la Colagrande abbiamo già detto ma nell’album compaiono fragorosamente anche le conterranee Carmen Consoli e Patrizia Laquidara.
La prima è impegnata in “Canzone semplice” – un po’ il paradigma dell’intero lavoro, perchè come accennato qui la semplicità , come la leggerezza, non è percepita in maniera negativa, anzi, è un’esortazione a guardare la realtà con occhi diversi e riscoprire in fondo come da piccoli gesti si possano dare grandi significati. Patrizia Laquidara invece con la sua ammaliante grazia contorna “Casomai”, una canzone d’amore universale.
All’appello mancano il figlio Brando, Morgan e Mauro Ermanno Giovanardi.
L’ex leader dei Bluvertigo realizza – occupandosi assieme a Madonia anche dell’arrangiamento del brano in questione – “Io che non ho sognato mai”, dal gusto dolce amaro e che tira un po’ le somme, ci fa fare i conti con noi stessi e rivendicare il nostro Io, nonostante gli errori che tutti commettiamo.
Con il giovane Brando sembra quasi di ascoltare la stessa voce, d’altronde i geni non mentono, per un brano perfetto sul rapporto tra genitore e figlio, con parole cariche di amore e la promessa di esserci sempre.
Infine il duetto con Giovanardi che assomiglia molto a una richiesta d’amore (ma non solo), dove il giusto livello di pathos è garantito dalla voce dell’ex La Crus, che però rimane nel giusto equilibrio, senza prevaricare quella di Madonia, sempre limpida e aggraziata come ai bei tempi.
“La piramide” è un album veramente riuscito, pop nel senso più alto del termine, forse un po’ retrò ma dove a prevalere è senz’altro l’ispirazione al posto di quel mestiere che avrebbe potuto fare qua e là capolino.