Un continuo alternarsi tra grinta e tenerezza. Disse bene il celebre critico musicale Robert Christgau quando, nell’esprimere un giudizio sul debutto omonimo dei Pretenders, presentò in questi termini l’estremo funambolismo della cantante e chitarrista ritmica Chrissie Hynde. Un virtuosismo dai tratti spregiudicati se non addirittura acrobatici, che le fu utile per traghettare un quartetto a dir poco disfunzionale ““ il produttore Nick Lowe, disperato, li abbandonò al loro destino subito dopo la collaborazione sul singolo (e cover dei Kinks) “Stop Your Sobbing” ““ verso i vertici delle classifiche inglesi e statunitensi. E al primo tentativo, per giunta.

Come fu possibile un simile miracolo? è molto semplice: la formazione originale dei Pretenders trasudava carattere e stile. La foto di copertina, in questo senso, è emblematica. C’è un po’ di tutto: sguardi truci e sorrisi beffardi; giubbotti di pelle e completi eleganti; guanti di pizzo e cravatte allentate. Un look eterogeneo ma in grado di acchiappare l’occhio, in poche parole. Ciò che conta, però, sono le orecchie; e qui c’è abbastanza materiale da far godere qualsiasi appassionato della new wave più “rockettara” del periodo a cavallo tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli ottanta.

Queste dodici tracce hanno più o meno la stessa personalità  della loro interprete e principale autrice. Vivono di contrasti, poichè sospese in perfetto equilibrio tra l’aggressività  del punk, l’immediatezza del pop più orecchiabile e la genuinità  tipica del rock statunitense.

L’ammaliante voce di Chrissie Hynde si adatta senza alcuna difficoltà  a qualsiasi tipo di situazione. L’ugola della cantante di Akron ci graffia nelle bordate punk (“Precious”, “The Phone Call”) e ci accarezza nei momenti più dolci, in cui si avverte in maniera distinta l’influenza del pop e del soul di stampo “’60s (“Stop Your Sobbing”, “Kid” e l’epica “Lovers Of Today”). Se la spensierata hit “Brass In Pocket” e la reggaeggiante “Private Life” emanano sensualità  dal primo all’ultimo minuto, il merito non può che andare a questo splendido maschiaccio della new wave.

E i suoi tre colleghi? Senza il fondamentale apporto dei britannici James Honeyman-Scott (chitarra), Pete Farndon (basso) e Martin Chambers (batteria), probabilmente oggi questo album ce lo saremmo dimenticato. L’affiatamento tra i tre è totale; andate a recuperarvi la strumentale “Space Invader” e ve ne renderete conto.

Andando forse un po’ controcorrente rispetto a tanti loro contemporanei, i Pretenders esprimono una perizia tecnica e una sicurezza nei propri mezzi davvero invidiabile. I compagni di viaggio di Chrissie Hynde riescono a far sembrare una sciocchezza anche un brano complesso come “Tattooed Love Boys”, uno dei primissimi esempi di punk rock in tempi dispari. Peccato solo che sia Honeyman-Scott, sia Farndon ci abbiano salutati troppo presto, entrambi uccisi dalle droghe tra il 1982 e il 1983. Fatevi un favore: onorate il loro ricordo fiondandovi a riascoltare questo grandissimo disco.

The Pretenders ““ “Pretenders”
Data di pubblicazione: 19 gennaio 1980
Tracce: 12
Lunghezza: 47:04
Etichetta: Real Records
Produttore: Chris Thomas

Tracklist:
1. Precious
2. The Phone Call
3. Up The Neck
4. Tattooed Love Boys
5. Space Invader
6. The Wait
7. Stop Your Sobbing
8. Kid
9. Private Life
10. Brass In Pocket
11. Lovers Of Today
12. Mystery Achievement