Tornano dopo qualche anno i Cornershop, con un disco vero e proprio. Piacevole ritrovare una band che dopo i fasti e il successo di “When I Was Born for the 7th Time” (e del singolo “Brimful Of Asha” à§a va sans dire) ha continuato a pubblicare con continuità fino al 2002, prendendosi poi lunghe pause tanto da venir simpaticamente definita un po’ “… pigra (la realtà è ben più complessa).
Chiamare un album “England Is A Garden” potrebbe sembrare un paradosso visti i tempi, ma nel mondo di Tjinder Singh, Ben Ayres e soci (ferventi anti ““ Brexiters) ha perfettamente senso. Nessuna collaborazione questa volta, solo i Cornershop col loro fruttuoso mix di psichedelia, pop e rock che arriva gradevole alle orecchie fin dalle prime note di “St. Marie Under Canon” che riflette sugli effetti nefasti del colonialismo e “Slingshot” con la voce di Tjinder Singh distorta, quasi robotica o della solare “No Rock Save In Roll” col suo gioioso, grintoso groove californiano.
Singh e Ayres si sono recentemente lamentati che nella musica inglese di oggi si parla troppo poco di politica (mica vero) e cercano di fare la loro parte nell’orecchiabile “Everywhere That Wog Army Roam” che riprende i temi già trattati con “Wog” in “Woman’s Gotta Have It”. Poco o nulla sembra essere cambiato per i Cornershop che si lasciano spesso andare a lunghe code e intermezzi musicali (in “Highly Amplified”ad esempio o in “Cash Money”) prima di ritrovare la via del rock melodico a forti tinte psichedeliche di “I’m A Wooden Soldier”.
Non inventano nulla ma si divertono fondendo orgogliosamente radici indiane e occidentali come in fondo hanno sempre fatto. Mettono di buonumore con “One Uncareful Lady Owner” e “The Holy Name”, ricordando anche ai più scettici che un’altra Inghilterra è possibile e auspicabile.
Credit foto: Marie Remy