Sono passati venti anni e sembra ieri. E si perchè di questi tempi vent’anni fa mi trovavo proprio nel Regno Unito, proprio a Nottingham dove mi dilettavo a scoprire negozietti di dischi nascosti tra le traverse a ridosso della vecchia Market Square, lontano dai grandi centri di HMV. Mi ricordo di uno in particolare che frequentavo più degli altri, anche se al momento il nome mi sfugge.

Conoscevo i Six by Seven per via del loro esordio “The Things We Make” del 1998 il quale, in verità , non mi convinse appieno. Quando mi trovai ad ascoltare il nuovo lavoro della band di Chris Olley, mi ricordo dopo nemmeno 5 secondi dal play tolsi subito le cuffie che erano in dotazione al negozio per gli ascolti, pagai il cd e via subito sul bus per il rientro a casa a Derby, dove alloggiavo. Durate i 30 minuti del viaggio credo di essere riuscito ad ascoltare in repeat per almeno una decina di volte la coppia dei brani iniziale. Spaziali!

In breve tempo, la devastante “Eat Junk Become Junk” divenne uno dei miei pezzi preferiti mentre la martellante “Sawn Off Metallica T-shirt” fu inserita praticamente in tutte le mie playlist.

L’aggressività  – solo apparente – di “The Closer You Get” doveva fare i conti con l’ingombrante uscita di solo una settimana prima di quel Bends” dei Radiohead che lasciò il noto solco sul terreno indie-rock/brit-pop.

In realtà , con questo il disco i ragazzi di Nottingham hanno scelto di percorrere binari differenti riuscendo alla perfezione a mescolare chiare influenze indie-rock allo spiccato quanto naturale shoegaze.

Nelle dodici tracce si riverberano possenti chitarre dal sapore post-punk in “Don’t Wanna Stop” e “Slab Square” ma anche psichedelici ed oscuri episodi in “Ten Places to Die” e “New Year”, fino a quando l’album non cambia repentinamente la via con le note ruvide e malinconiche di “One Easy Ship Away” e “England and a Broken Radio”.

Un bel gruppetto di brani che dimostrano quanto questo disco, seppur apprezzato dalla critica, sia stato in realtà  ingiustamente sottovalutato. Un pezzo come “Another Love Song”, dove un sound votato inizialmente all’elettronica si schianta contro un wall of guitars trasformandolo probabilmente in uno dei migliori brani del disco, insieme alla sofferta “My Life Is an Accident”.

La chiusura del disco è lasciata ad una delicata “100 & Something Foxhall Road” dove il quintetto inglese cala il sipario su uno dei migliori dischi del 2000.

Pubblicazione: 16 marzo 2000
Label: Beggars Banquet Records
Durata: 44:25
Dischi: 1
Tracce: 12
Genere: Shoegaze, Alternative rock
Produttore: Ric Peet, John Leckie, Six by Seven
Registrazione: 1999 at Square Centre Studios and The Batcave in Nottingham

Tracce:
1.Eat Junk Become Junk
2.Sawn Off Metallica T-Shirt
3.Ten Places to Die
4.New Year
5.One Easy Ship Away
6.My Life Is an Accident
7.Don’t Wanna Stop
8.Slab Square
9.England and a Broken Radio
10.Another Love Song
11.Overnight Success
12.100 & Something Foxhall Road