Viaggi mentali ““ parte prima.
Visti i tempi di semi ““ clausura forzata non resta che viaggiare col cervello. Il nuovo disco di Kieran Hebden consente di farlo in ben cinquantaquattro minuti di ritmi elettronici cangianti in bilico tra ricordi e piccole evasioni. Non ha certo bisogno di presentazioni Four Tet, visto che da inizio millennio è uno dei nomi più quotati e interessanti del panorama britannico.
Sedici brani, sedici oceani, acqua che scorre nota dopo nota. Il ritmo cadenzato e incalzante di “School” sembra suggerire un disco sfrenato (almeno per gli standard di Four Tet) che però prende la rincorsa e mantiene il passo stabile, lavorando di fino già nel singolo “Baby” con Ellie Goulding alla voce: adattissimo a un sudatissimo club londinese del sabato sera, non perde smalto se ascoltato in solitudine.
“SIxteen Oceans” diventa quasi subito contemplativo con le dolci armonie di “Harpsichord” che fanno volare lontano, ali dinamiche che conducono fino all’ormai ben conosciuta e accattivante “Teenage Birdsong”, uscita più di un anno fa, al piano e alle oscillazioni sonore che trascinano “Romantics” e alle frenetiche variazioni di ritmo di “Love Salad”. Il viaggio di Kieran Hebden arriva in Nuova Zelanda con i cinque creativi minuti di “Insect Near Piha Beach” che celebra una spiaggia di sabbia nera amata da surfisti e viaggiatori curiosi.
La seconda parte dell’album è frastagliata: caratterizzata da brani più brevi e piccoli intermezzi di trenta secondi, appunti che legano tra loro tra affreschi sonori come “Something In The Sadness” (che triste non lo è per nulla) l’evocativa “Green”, il terzo singolo “4T Recordings” e “This Is For You”, con la chiusura affidata alle dolci suggestioni di “Mama Teaches Sanskrit”. L’estrema intensità e delicatezza sonora di Four Tet è quello che ci vuole per prendersi una pausa da notizie e immagini che inondano occhi e orecchie, pensando al futuro.
Credit foto Neon Tommy via Flickr [CC BY-SA 2.0]