Film di stampo e struttura classica come non se ne fanno quasi più, “The Mustang” mette in scena la storia d’amicizia tra due prigionieri: un carcerato rissoso e poco desideroso di rientrare a far parte della società e un mustang selvaggio catturato e destinato all’asta.
L’avvicinamento tra i due, possibile grazie ad un progetto realmente esistente di riabilitazione dei detenuti mediante l’addestramento di cavalli selvaggi, sarà lento e difficoltoso. Entrambi sono scontrosi e finiranno col farsi male a vicenda spesso, ma la dirompenza del rapporto gioverà loro in termini di crescita e riacquisizione della libertà .
Piuttosto asciutto nella messiscena, che salvo qualche spettacolare scena nel deserto poco concede in termini di sfoggio tecnico e fotografico, “The Mustang” trova la sua forza nell’intensità dei personaggi, nei loro sguardi, nei dialoghi fini a svelare dolorosi retroscena.
Fantastico il severo e dolce uomo a capo del progetto, affidato ad un Bruce Dern ormai ricurvo e rugoso, ma carismatico come sempre.